Sono circa il 3% i bambini con meno di un anno di vita
e neonati allattati al seno ad essere colpiti da allergia da proteina del latte
vaccino (PLV), ma la percentuale è in crescita. La causa può essere
l'assunzione diretta o il passaggio delle ‘sostanze nocive’ dalla dieta della
mamma al latte. A dirlo sono dati diffusi da Paidòss (l’Osservatorio Nazionale
sulla Salute dell’Infanzia e dell’Adolescenza) in occasione del 2nd
International Conference and Exhibition on Probiotics & Functional Foods,
appena conclusosi ad Orlando (Florida, USA).
Si tratta di allergie spesso sottovalutate o misconosciute per la variabilità della sintomatologia (che può interessare più distretti), o per le manifestazioni assimilabili anche ad altre cause, le allergie da proteine da latte vaccino – le PLV non sottoposte a processo di idrolizzazione, lo ricordiamo, sono contenute non solo nello stesso latte ma anche nel latte artificiale in polvere e in altri prodotti simili – possono avere talvolta esiti anche importanti e pericolosi. Si va dai ricorrenti disturbi gastrointestinali con vomito, rigurgito e dolori addominali, a episodi che coinvolgono le vie aeree con tosse insistente, secrezione nasale e difficoltà respiratorie, fino a reazioni cutanee con eczemi, orticarie, angioedemi (edema delle labbra o delle palpebre) e, nei casi più gravi, arrivare allo shock anafilattico. “Le proteine del latte vaccino – spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidòss – contenute anche nei latti artificiali, anche in polvere, comunque non sottoposte a processo di idrolizzazione, rappresentano una delle cause principali di allergia alimentare nei bambini piccoli con un picco di prevalenza del 2-3% nel primo anno di vita, mentre nei neonati allattati al seno materno insorge a causa del passaggio di queste sostanze dalla dieta materna al latte”.
Si tratta di allergie spesso sottovalutate o misconosciute per la variabilità della sintomatologia (che può interessare più distretti), o per le manifestazioni assimilabili anche ad altre cause, le allergie da proteine da latte vaccino – le PLV non sottoposte a processo di idrolizzazione, lo ricordiamo, sono contenute non solo nello stesso latte ma anche nel latte artificiale in polvere e in altri prodotti simili – possono avere talvolta esiti anche importanti e pericolosi. Si va dai ricorrenti disturbi gastrointestinali con vomito, rigurgito e dolori addominali, a episodi che coinvolgono le vie aeree con tosse insistente, secrezione nasale e difficoltà respiratorie, fino a reazioni cutanee con eczemi, orticarie, angioedemi (edema delle labbra o delle palpebre) e, nei casi più gravi, arrivare allo shock anafilattico. “Le proteine del latte vaccino – spiega Giuseppe Mele, presidente di Paidòss – contenute anche nei latti artificiali, anche in polvere, comunque non sottoposte a processo di idrolizzazione, rappresentano una delle cause principali di allergia alimentare nei bambini piccoli con un picco di prevalenza del 2-3% nel primo anno di vita, mentre nei neonati allattati al seno materno insorge a causa del passaggio di queste sostanze dalla dieta materna al latte”.
Implicazioni, queste, che possono essere
tenute sotto controllo con un corretto approccio clinico e laboratoristico con
test per le IgE specifiche o un prick test cutaneo con latte vaccino naturale o
con formula proteica, per definire con certezza il tipo di allergia alle
proteine del latte vaccino e impostare la terapia giusta. “In caso di diagnosi
accertata con esami specifici per le IgE specifiche o un prick test cutaneo da
eseguirsi non prima dei 3 mesi, occorre eliminare dalla dieta le proteine da
latte vaccino e, a seconda dell’età del bambino, della sintomatologia e
dell’eventuale presenza di altre allergie alimentari, introdurre una formula
sostitutiva estensivamente idrolizzata (ENS), con idrolizzati di caseina o di
proteine del siero . “La dieta di esclusione con l’impiego di una formula
terapeutica che va scelta anche in base al residuo potenziale allergenico, alla
composizione della formula, ai costi, alla disponibilità, al gradimento del
bambino e all’efficacia, è indicata almeno per 6 mesi o fino all’età di 9-12
mesi.”Differente sarà l’approccio nei casi in cui si siano verificate reazioni
gravi dopo l’introduzione di proteine del latte vaccino, poiché la dieta e la
reintroduzione non seguiranno queste procedure.
Tratto da Quotidianosanità.it 30 ottobre 2013
Dott.ssa Elena Bosi
Pediatra Esperta in Omeopatia, Milano
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