Nel mondo infuria la nuova guerra
del XXI secolo, quella dei vaccini. La geopolitica mondiale viene
riscritta a colpi di contratti, diffide, consegne, blocchi all’export.
Cavilli che oggi prendono il posto dei più classici mortai e carri armati, ma
che lasciano corpi a terra allo stesso modo. Le potenze mondiali provano a
trascinare l’Europa nella loro sfera d’influenza, tentandola con generose
offerte o minacciandola con tagli crudeli. All’Africa, come sempre e al di fuori
di qualche rarissima eccezione, è precluso sedere al tavolo delle multinazionali Big Pharma. Eppure, anche in questo mondo così diverso da quello che
vorremmo, c’è qualche eccezione, anche se così piccola da essere
difficile da identificare sul mappamondo, parliamo di Cuba, la piccola
isola tropicale che da sempre in campo medico ha avuto molto da insegnare a
tutti. Grazie al PrevengHo-vir,
farmaco omeopatico che è stato somministrato gratuitamente come profilassi per
il covid19, l’isola
ha contato 61.472 infezioni e 370 morti (fonte: John Hopkins University) su 11 milioni di abitanti. L’Italia, con una
popolazione che supera di poco i 60 milioni, ha registrato 3,2 milioni di casi
e 102mila decessi. A Cuba è
morta di Covid19 lo 0,00003% della popolazione. In Italia l’1,7%.
Ma ecco altre differenze, l’Italia,
prima in Europa e terza nel mondo nel business dei farmaci, cerca
affannosamente di passare alle fase 2 dei test dei suoi due vaccini, mentre i cubani ne hanno in approvazione ben 4. E due di
questi (Soberana 01 e 02) sono ora in fase 3, ossia
all’ultimo miglio prima di poter essere approvati dalle autorità di controllo.
Se tutto dovesse filare liscio, il governo di Miguel Díaz-Canel potrà arrivare
a produrre 100milioni di dosi entro la fine del 2021. Abbastanza da immunizzare
tutti gli abitanti dell’isola ed esportare le dosi restanti all’estero, in
particolare ai paesi del terzo mondo. I vaccini cubani,
infatti, sono pubblici e no-profit al 100%, e hanno quindi costi molto bassi
rispetto a quelli prodotti dai grandi gruppi.
Tutti i vaccini cubani sono
prodotti da Biocubafarma, il grande polo di ricerca centralizzato creato nel
2012. Si tratta di un network di imprese che impiega più di 20mila lavoratori.
Il costo molto più basso dei sieri prodotti non è dato solo da una differenza
societaria, ma anche dal metodo di produzione. A differenza dei vaccini
Pfizer, Moderna e AstraZeneca che usano piattaforme mRNA o adenovirali,
infatti, quelli cubani usano il metodo più tradizionale delle
subunità. Rolando Perez Rodriguez, direttore del
settore scienza e innovazione di Biocubafarma, ha spiegato
al Fatto Quotidiano: “tutti
i nostri vaccini sono a subunità. Ciò vuol dire che non usano il
virus o suo materiale genetico, ma una proteina del virus, la Rbd
(receptor binding domain) che viene impiegata come antigene, per indurre la
risposta protettiva nell’organismo e impedire al virus di entrare nelle
cellule”.
Si tratta di vaccini che vanno
conservati tra i 2 e gli 8 gradi, quindi non presentano grandi difficoltà
logistiche come invece quelli a mRNA. Un’ulteriore novità di grande interesse
riguarda la modalità di somministrazione di un altro vaccino in approvazione,
il Mambisa. Si tratterà, infatti, di un farmaco da somministrare come spray
nasale. Così bypassando la necessità di medici e infermieri, altra fase
critica della attuale campagna vaccinale. “Stiamo facendo tutto questo
contando solo con le risorse stanziate dal governo cubano –
sottolinea Perez Rodriguez – e non è stato per niente facile quest’anno far
arrivare le materie prime tra il blocco economico dagli Usa e le restrizioni ai
voli aerei e al traffico marittimo. Ma noi abbiamo sviluppato una forte
capacità di resistenza negli anni”.
Tratto da Generiamo salute marzo
’21
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