sabato 7 settembre 2024

Quali olii utilizzare per la cottura del cibo

 


Sappiamo  che l’olio si altera quando lo riscaldiamo e che questa alterazione può anche dare origine a sostanze tossiche. Pertanto, è molto importante scegliere l’olio più adatto ad ogni tipo di cottura per ridurre al minimo le perdite dei suoi preziosi componenti e non creare danni all’organismo.

Non dimentichiamo infatti che i componenti più preziosi degli oli vegetali sono gli acidi grassi monoinsaturi e più ancora gli acidi grassi polinsaturi omega-3, perché gli omega-6 li introduciamo già molto abbondantemente con il cibo attuale e sono acidi grassi che tendono a facilitare le infiammazioni, mentre gli omega-3 sono antinfiammatori. Parlando di oli adatti alla cottura bisogna comunque fare prima di tutto una premessa sul loro “punto di fumo”. Per “punto di fumo” si intende la temperatura alla quale un grasso alimentare (olio vegetale o grasso animale) inizia a ossidarsi, a rilasciare un fumo visibile e a produrre sostanze nocive (come l’acroleina, che è tossica per il fegato e gastrolesiva, ma è ritenuta anche cancerogena). Pertanto, per la cottura o friggitura del cibo è fondamentale scegliere un olio vegetale che abbia un alto punto di fumo e ovviamente fare in modo di non superarlo.

Tipo di olio

Punto di fumo (°C)

Olio di avocado (raffinato)

270

Burro chiarificato

250

Olio di arachidi (raffinato)

232

Olio di cocco (raffinato)

232

Olio di girasole (semiraffinato)

232

Olio di sesamo (semiraffinato)

232

Olio di mais (raffinato)

230

Olio di oliva (raffinato)

230

Olio di mandorle

221

Olio extra vergine di oliva

200

Olio di mais

178

Olio di cocco

177

Olio di sesamo

177

Olio di girasole

160

Olio di arachidi

160

Burro

150

Olio di lino

107

Tabella dei punti di fumo degli oli alimentari

Ricordiamo che più un olio contiene acidi grassi liberi, maggiore sarà la sua acidità e minore la sua indicazione per la cottura o friggitura.

Al contrario, il processo della raffinazione incide positivamente sulla stabilità dell’olio in cottura, perché innalza discretamente il punto di fumo (però, per contro, la raffinazione riduce drasticamente gli acidi grassi polinsaturi).

Ricordiamo anche che non si deve assolutamente utilizzare due volte l’olio della frittura, perché riduce il punto di fumo e di conseguenza aumenta la formazione di sostanze tossiche come la suddetta acroleina.

È sbagliato anche aggiungere olio nuovo all’olio già utilizzato, perché il primo si degraderebbe più rapidamente del normale restando più a lungo esposto ad alte temperature.

Per friggere, va poi abolito l’olio di lino perché ha un basso punto di fumo (107°C) e lo stesso vale per il burro (150°C), mentre il burro chiarificato può essere usato perché ha un alto punto di fumo (250°C).

È sbagliato anche cuocere a lungo (l’olio si altera maggiormente) e friggere in poco olio. Quest’ultimo punto è molto importante e facilmente spiegato dall’esempio delle patatine fritte. Se l’olio è abbondante e molto caldo, la patatina diventa dorata all’esterno e questo riduce la quantità di olio che entra al suo interno dandoci alla fine una patatina meno grassa, dura all’esterno e morbida all’interno, perché l’acqua, trovando la crosta indurita, esce in minor misura. Ovviamente un po’ di acqua esce sempre, ma se l’olio è in buona quantità rispetto la quantità di patate crude immesse nella pentola, la parte di acqua che esce dalla patatina non è sufficiente a far scendere la temperatura dell’olio e quindi l’olio resta caldo e indurisce la parte esterna della patatina.

Se invece l’olio è poco caldo oppure è in scarsa quantità, l’acqua che esce dalle patate riduce la temperatura, la patatina non diventa dorata e l’olio entra nel suo interno rendendola molto più grassa e quindi più tossica. In quest’ultimo caso, inoltre, dato che la temperatura dell’olio è più bassa, le patatine impiegano più tempo a rosolarsi e quindi l’olio viene riscaldato più a lungo e dà origine ad un maggior numero di sostanze tossiche. Alla luce di queste considerazioni, possiamo capire perché alcuni oli sono più indicati per la frittura (che in genere avviene a 180°C) e altri molto meno.

Ad esempio, l’olio extravergine di oliva è ottimo a crudo e può essere utilizzato anche per friggere, perché il suo punto di fumo è in media sufficientemente alto (200°C), però per la frittura è preferibile usare l’olio di oliva NON EVO e raffinato (punto di fumo a 230°C), perché l’extravergine è più ricco di acidi grassi polinsaturi ed è un peccato perderli esponendoli alle alte temperature. L’olio di oliva che useremo per la frittura deve però avere un basso grado di acidità (abbiamo detto che se il grado di acidità sale, allora il punto di fumo scende … e sappiamo che si trovano in commercio anche oli di oliva non ottimali). L’olio di arachidi, di cocco, di girasole, di mais e di sesamo, se sono RAFFINATI, hanno un punto di fumo sufficientemente alto (230°C) da essere considerati adatti alla frittura: questi allora sono ovviamente i più indicati. Se invece NON sono raffinati, conviene sostituirli con l’olio extravergine di oliva. Per la cottura in padella va benissimo l’olio extravergine di oliva, perché questa è una cottura che non raggiunge gradi elevati, pertanto possono andar bene anche gli oli di mais, di cocco e di girasole NON raffinati, perché il loro punto di fumo è di circa 160-180°C.

Tratto da  Le caratteristiche degli oli più indicati per la cottura del cibo

di Roberto Gava / 23 Agosto 2024 

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