"Ogni tecnologia ha il suo giusto tempo". E' la premessa con cui un gruppo di pedagogisti, psicoterapeuti, neurobiologi, neuropsichiatri infantili e altri esperti si è fatto promotore di una petizione per ottenere lo "stop a smartphone e social" per i ragazzi sotto una certa età. Un appello lanciato nelle scorse ore che - a metà mattina dell'11 settembre - ha superato il traguardo delle 5mila firme.
Lanciata
sulla piattafoma 'Change.org', la petizione chiede "al Governo
italiano di impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle
nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che
non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16.
Aiutiamo
le nuove generazioni", chiedono i firmatari dell'appello promosso dal
Centro psicopedagogico per l'educazione e la gestione dei conflitti (Cpp). Le
prime sigle sono quelle del pedagogista Daniele Novara, direttore del Cpp, e
del medico e psicoterapeuta Alberto Pellai. Seguono le firme di 24 esperti e di diversi esponenti
di Unita (Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo), tra cui molti
attori, da Stefano Accorsi a Luca Zingaretti.
"Se è
vero che spesso le tecnologie migliorano la qualità della vita, questo non
accade quando si parla di educazione nella prima infanzia e nella scuola
primaria - avvertono i promotori della petizione - I bambini e le bambine
che utilizzano strumenti tecnologici e interagiscono con gli schermi subiscono
due danni: uno diretto, legato alla dipendenza", e l'altro
"indiretto, perché l'interazione con gli schermi impedisce di vivere nella
vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita. E'
ormai chiaro che prima dei 14 anni avere uno smartphone personale possa essere
molto dannoso così come aprire, prima dei 16 anni, un proprio profilo personale
sui social media".
Gli esperti precisano che non si tratta di "una presa di posizione anti-tecnologica", ma dell'accoglimento "di ciò che le neuroscienze hanno ormai dimostrato: ci sono aree del cervello, fondamentali per l'apprendimento cognitivo, che non si sviluppano pienamente se il minore porta nel digitale attività ed esperienze che dovrebbe invece vivere nel mondo reale. Simili comportamenti in età prescolare portano ad alterazioni della materia bianca in quelle aree cerebrali fondamentali per sostenere l'apprendimento della letto-scrittura".
Gli esperti
scrivono che "nelle scuole dove lo smartphone non è ammesso gli
studenti socializzano e apprendono meglio. Prima dei 14-15 anni, il cervello
emotivo dei minori è molto vulnerabile all'ingaggio dopaminergico dei social
media e dei videogiochi". Quindi, concludono, "anche nelle scuole
bisogna essere coerenti con quello che ci dicono le
neuroscienze. Smartphone e tablet devono essere usati solo dai docenti per
arricchire le proposte didattiche senza prevedere, in classe o a casa e almeno
fino ai 15 anni, alcun uso autonomo degli studenti".
Tratto da Psichiatria Redazione DottNet | 12/09/2024
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