domenica 15 marzo 2015

Batteri intestinali e sistema nervoso centrale : una stretta relazione

La rivista Journal of Medicinal Food pubblica una sintesi di tutte le ultime ricerche sull’interazione tra batteri intestinali e sistema nervoso centrale. Poichè  è ormai appurata  l’esistenza di un asse intestino-cervello e di vari meccanismi di interazione, gli scienziati prospettano un futuro dove una serie di malattie saranno curate con diete ‘modifica-microbioma’ e  supplementazione di prebiotici e probiotici.
Leo Galland e colleghi della Foundation for Integrated Medicine di New York, autori del lavoro pubblicato su Journal of Medicinal Food, dopo aver valutato tutte le ultime pubblicazioni in materia, presentano la sintesi di tutte le ultime ricerche sulla relazione tra composizione della flora batterica intestinale e sistema nervoso centrale nell’uomo.


Il microbioma(insieme dei microrganismi e del  loro patrimonio genetico) di un uomo adulto contiene normalmente 5 diversi gruppi di batteri: quelli maggiormente rappresentati sono Firmicutes e Bacteroides, mentre Actinobacteria, Proteobacteria eVerrucomicrobia costituiscono appena il 2% del totale. Una dieta ricca di proteine animali, favorisce la crescita dei Bacteroides; in chi segue una dieta vegetariana o una ricca in monosaccaridi sono invece abbondantemente rappresentati i Prevotella. Un elevato consumo di oligosaccaridi infine, favorisce la crescita dei Bifidobacteria, il ceppo più rappresentano nell’intestino dei neonati allattati al seno. Impressionante il numero dei batteri che popolano il nostro intestino. Sono centinaia di miliardi e contengono circa 4 milioni di geni batterici diversi . La maggior parte di questi geni batterici codifica enzimi e proteine strutturali, in grado di influenzare il funzionamento del sistema immunitario, di modificare l’epigenoma dei mammiferi e di intervenire sulla regolazione del metabolismo.
 
Il microbioma intestinale può influenzare la salute del cervello in diversi modi. Alcune componenti della struttura dei batteri ad esempio, quali i lipopolisaccaridi, esercitano continuamente una blanda stimolazione sul sistema immunitario; quando questa stimolazione ‘fisiologica’ diventa eccessiva, come accade in caso di dismicrobismo intestinale, si può verificare una crescita incontrollata di batteri nell’intestino tenue o un’aumentata permeabilità intestinale che a loro volta determinano un’infiammazione sistemica o a livello del sistema nervoso centrale.
 
Alcune proteine batteriche possono dare reazioni crociate con alcuni antigeni umani e questo evoca delle risposte ‘sbagliate’ da parte dell’immunità adattativa, che possono condurre a malattie autoimmuni.
 
Ci sono enzimi batterici in grado di determinare la produzione di metaboliti neurotossici, quali ammoniaca e acido D-lattico; ma anche alcuni metaboliti ‘benefici’, quali gli acidi grassi a catena corta (SCFA), possono esercitare un’azione neurotossica. Se è vero infatti che gli SCFA possono inibire l’infiammazione, dall’altra, alcuni studi ne suggeriscono un possibile ruolo nella patogenesi dei disordini dello spettro autistico (ASD).
 
Sul versante ormoni e neurotrasmettitori, è noto che alcuni batteri intestinali sono in grado di produrne ‘copie’ identiche a quelle secrete dalle cellule specializzate dell’organismo; i batteri inoltre possiedono dei recettori specifici per questi ormoni che, se stimolati, possono influenzare la crescita e la virulenza dei batteri stessi.
 
I batteri intestinali infine sono in grado di stimolare direttamente i neuroni afferenti del sistema nervoso enterico e inviare così segnali al cervello, attraverso il nervo vago.
 
Attraverso tutte queste vie i batteri intestinali riescono dunque ad interagire con il funzionamento del sistema nervoso centrale, fino a modificare l’architettura del sonno e ad influenzare la reattività allo stress dell’asse ipotalamo-ipofisi-surreni.
 
I batteri intestinali – ricordano gli autori – possono influenzare la memoria, ma anche il nostro umore e addirittura le funzioni cognitive.
 
Il microbioma è insomma ormai un argomento ‘molto studiato  in molte branche della medicina, dalle malattie autoimmuni a quelle infiammatorie intestinali , alle patologie cardiovascolare e la nuova frontiera della ricerca in questo campo è cercare di alterare la composizione del microbioma, per correggere o trattare alcune condizioni patologiche.
Ci si sta provando attraverso modifiche della composizione della dieta, che dovrebbero alterare la composizione del microbioma, o mediante la somministrazione di prebiotici o di probiotici per le condizioni più disparate: dall’alcolismo, alla sindrome da stanchezza cronica, alla fibromialgia, alla restless leg syndrome.
Non mancano inoltre ricerche che indagano i rapporti tra microbioma intestinale e sclerosi multipla o manifestazioni neurologiche della celiachia. 
Il microbioma è insomma una specie di “entità” che si sta appena cominciando a conoscere e che in futuro si cercherà di modificare  allo scopo di scoprire nuove terapie .
 


Tratto  da Quotidiano Sanità  25 gennaio ’15

Dott. Elena Bosi
Specialista in Pediatria
Esperta in Omeopatia e Medicine Complementari

Milano

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