Siamo ancora tutti scossi (o forse ce ne siamo già
dimenticati?) dalle terribili notizie che ci vengono dai media riguardo alle
tragedie legate ad un uso violento e disumano dei social network, di youtube,
di whatsapp e della rete in generale. Da un lato ci sembrano “cose” talmente
grandi che tendiamo ad allontanarle da noi pensando di esserne, in fondo,
immuni -dai, noi mica usiamo così male i mezzi digitali- dall’altro, stento a
credere che a nessuno sia passata per la testa l’idea che, altrettanto in fondo,
qualcosa del genere potrebbe succedere anche a noi o, peggio, ai nostri figli.
Bene, solitamente la strategia è quella del “fiù, mi è andata bene…” ma forse
dovremmo veramente metterci a pensare a come noi ci stiamo e stiamo educando al
vivere digitale. L’argomento è ovviamente vastissimo per rientrare in un
articolo da blog ma due suggestioni mi piacerebbe provare a darvele.
Facciamoci una domanda: siamo sic
uri di essere adulti
digitali? Sappiamo che esistono i nativi digitali, ma gli “adulti digitali”
dove sono? Non ci dobbiamo poi troppo stupire quando assistiamo sui social ad
esplosioni di cattiveria, rabbia, violenza a volte incomprensibili e inaudite: le
relazioni digitali escludono il corpo, ti danno l’illusione dell’anonimato, ti
fanno credere di essere al sicuro dietro ad uno schermo, non ti fanno percepire
la presenza (magari disperata) dell’altro in carne ed ossa e, proprio per
questo, favoriscono pensieri e comportamenti più disinibiti, incrementando
l’aspetto di violenta aggressività e di sessualizzazione nelle relazioni. Ma
tutto questo non è positivo, non ci aiuta a vivere bene, non possiamo rimanere
passivi. Altro elemento determinante è la visibilità senza confini che la rete
offre. Solitamente chi assiste dal vivo ad un atto violento reagisce in
protezione della vittima mentre in rete tutti si sentono spettatori passivi e
impotenti, quando non diventano complici di violenza condividendo e postando a
loro volta. E le informazioni diventano globali nel giro di pochi minuti. Credo
che tutti nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, anche di fronte ad eventi
così impressionanti. Credo che sia necessario scoprire come essere adulti anche
nel “mondo” digitale. Tra virgolette perché dobbiamo toglierci dalla testa
l’idea falsa che il digitale sia un altro mondo: il mondo è uno solo, la nostra
vita è una sola e noi ce la giochiamo on line e off line insieme. Se
lasciassimo fare le cose da ragazzi ai ragazzi e ci riprendessimo il nostro
ruolo di adulti anche on line, se cominciassimo anche on line ad educare i
giovani con l’esempio e il significato della nostra vita, più che con il
controllo del loro cellulare e dei gruppi di whatsapp, potremmo attivamente
partecipare alla costruzione di un ambiente più sano in cui stare meglio noi e
i nostri figli. Non so voi, ma personalmente la trovo una bella prospettiva.
Marco Bernardi, psicologo
Milano
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