domenica 25 settembre 2016

E gli “adulti digitali” dove sono?

Siamo ancora tutti scossi (o forse ce ne siamo già dimenticati?) dalle terribili notizie che ci vengono dai media riguardo alle tragedie legate ad un uso violento e disumano dei social network, di youtube, di whatsapp e della rete in generale. Da un lato ci sembrano “cose” talmente grandi che tendiamo ad allontanarle da noi pensando di esserne, in fondo, immuni -dai, noi mica usiamo così male i mezzi digitali- dall’altro, stento a credere che a nessuno sia passata per la testa l’idea che, altrettanto in fondo, qualcosa del genere potrebbe succedere anche a noi o, peggio, ai nostri figli. Bene, solitamente la strategia è quella del “fiù, mi è andata bene…” ma forse dovremmo veramente metterci a pensare a come noi ci stiamo e stiamo educando al vivere digitale. L’argomento è ovviamente vastissimo per rientrare in un articolo da blog ma due suggestioni mi piacerebbe provare a darvele.
Facciamoci una domanda: siamo sic
uri di essere adulti digitali? Sappiamo che esistono i nativi digitali, ma gli “adulti digitali” dove sono? Non ci dobbiamo poi troppo stupire quando assistiamo sui social ad esplosioni di cattiveria, rabbia, violenza a volte incomprensibili e inaudite: le relazioni digitali escludono il corpo, ti danno l’illusione dell’anonimato, ti fanno credere di essere al sicuro dietro ad uno schermo, non ti fanno percepire la presenza (magari disperata) dell’altro in carne ed ossa e, proprio per questo, favoriscono pensieri e comportamenti più disinibiti, incrementando l’aspetto di violenta aggressività e di sessualizzazione nelle relazioni. Ma tutto questo non è positivo, non ci aiuta a vivere bene, non possiamo rimanere passivi. Altro elemento determinante è la visibilità senza confini che la rete offre. Solitamente chi assiste dal vivo ad un atto violento reagisce in protezione della vittima mentre in rete tutti si sentono spettatori passivi e impotenti, quando non diventano complici di violenza condividendo e postando a loro volta. E le informazioni diventano globali nel giro di pochi minuti. Credo che tutti nel nostro piccolo possiamo fare qualcosa, anche di fronte ad eventi così impressionanti. Credo che sia necessario scoprire come essere adulti anche nel “mondo” digitale. Tra virgolette perché dobbiamo toglierci dalla testa l’idea falsa che il digitale sia un altro mondo: il mondo è uno solo, la nostra vita è una sola e noi ce la giochiamo on line e off line insieme. Se lasciassimo fare le cose da ragazzi ai ragazzi e ci riprendessimo il nostro ruolo di adulti anche on line, se cominciassimo anche on line ad educare i giovani con l’esempio e il significato della nostra vita, più che con il controllo del loro cellulare e dei gruppi di whatsapp, potremmo attivamente partecipare alla costruzione di un ambiente più sano in cui stare meglio noi e i nostri figli. Non so voi, ma personalmente la trovo una bella prospettiva.

Marco Bernardi, psicologo
Milano



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