Facendo seguito all’articolo
precedente, approfondiamo un altro aspetto, fin ora sconosciuto, sul ruolo
neurologico dell ‘intestino. Per quanto
possa sembrare incredibile il nostro intestino contiene una struttura nervosa
del tutto autonoma seppur strettamente connessa con il cervello contenuto nella
scatola cranica.
Questa struttura, definita
recentemente secondo cervello, è costituita da un intreccio di numerosi neuroni
che sono posizionati nella mucosa e nella tunica muscolare intestinale. Essi
sono in grado di produrre gli stessi neuromediatori dei neuroni cerebrali e
contengono sulla loro superficie gli stessi recettori delle cellule del
cervello. Questa particolare similarità permette un continuo scambio di
informazioni e una spiccata sinergia tra i due cervelli.
L’intestino è quindi il solo
organo a possedere un sistema nervoso intrinseco in grado di rielaborare i
riflessi in completa assenza di input dal cervello o dal midollo spinale. Il
sistema nervoso enterico è un residuo che abbiamo ereditato e conservato dal
nostro passato evolutivo perché rappresenta una struttura caratteristica di
molte forme di vita con una organizzazione biologica nettamente meno complessa
di quella della specie umana.
Un sistema nervoso enterico è
presente in molte delle forme di vita che ci hanno preceduto nel corso di
milioni di anni di storia dell'evoluzione, che ci separa dal primo animale
dotato di spina dorsale. Rappresenta un centro di elaborazione dati moderno e
pieno di attività che ci permette di realizzare alcuni compiti molto importanti
e disagevoli senza alcun impegno del cervello principale.
Michael D. Gershon, del
Dipartimento di Anatomia e di Biologia cellulare della Columbia University ha
studiato a lungo la struttura anatomica e la
fisiologia del sistema nervoso intestinale, fornendo una nuova visione
dell’intestino umano, che è molto più
complesso dell’apparato che serve a trasformare e a digerire il cibo, proprio
perché contiene un esteso sistema nervoso del tutto simile a quello che abbiamo
nella testa, capace di interagire con il più articolato e complesso sistema
immunitario del corpo umano e con quell’incredibile zoo costituito dalla flora
intestinale.
Questo “secondo cervello”, come è stato battezzato dagli scienziati che lo
stanno studiando, dirige tutte le attività intestinali anche in collegamento
con il “primo cervello”. Le relazioni tra i due cervelli sono a doppio senso di
marcia, nel senso che quello che accade nella testa (stress, emozioni)
influenza la salute dell’addome e viceversa:
la salute dell’addome può influenzare il benessere mentale (depressione, ansia
e altri disturbi psichici).
- «La teoria dei due cervelli poggia su solide basi scientifiche - spiega Michael D. Gershon- Basti pensare che l'intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Insomma, l'intestino è la sede di un secondo cervello vero e proprio. E non a caso le cellule dell'intestino - aggiunge Gershon - producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere»
L'intestino rilascia serotonina in seguito a vari tipi di stimoli che possono essere esterni , come immissione di cibo, suoni o colori e interni, come emozioni e abitudini.
- «La teoria dei due cervelli poggia su solide basi scientifiche - spiega Michael D. Gershon- Basti pensare che l'intestino, pur avendo solo un decimo dei neuroni del cervello, lavora in modo autonomo, aiuta a fissare i ricordi legati alle emozioni e ha un ruolo fondamentale nel segnalare gioia e dolore. Insomma, l'intestino è la sede di un secondo cervello vero e proprio. E non a caso le cellule dell'intestino - aggiunge Gershon - producono il 95% della serotonina, il neurotrasmettitore del benessere»
L'intestino rilascia serotonina in seguito a vari tipi di stimoli che possono essere esterni , come immissione di cibo, suoni o colori e interni, come emozioni e abitudini.
Questo
neurotrasmettitore coordina e dirige tutti i meccanismi del movimento
intestinale, cioè della peristalsi, come è stato ampiamente dimostrato dal
ricercatore americano. Studi su cavie geneticamente modificate e in vitro hanno
dimostrato l'esistenza di un vero e proprio asse intestino-cervello. Secondo
Gershon è il primo l’elemento dominante, almeno in certi campi, perché la quantità di messaggi che il cervello
addominale invia a quello centrale è pari al 90% dello scambio totale. In
genere non percepiamo la maggior parte di questi messaggi perché si tratta di
messaggi inconsci, che arrivano alla soglia della nostra coscienza solo quando
diventano segnali di allarme e scatenano reazioni di malessere.
Una delle dimostrazioni più
sconcertanti dell'interazione tra i nostri due cervelli è l'influenza
esercitata dalla presenza di cibi grassi nell'apparato digerente sul sistema
nervoso centrale e sulla sensazione di benessere. Questa presenza ha un effetto
di sedazione, e non solo quando i cibi sono gustati, ma anche quando arrivano
direttamente nello stomaco.
«Studi realizzati con la
Risonanza magnetica hanno mostrato che l'infusione direttamente nello stomaco
di acidi grassi modifica positivamente lo stato emotivo - precisa Keith
Sharkey, del Department of Physiology and Pharmacology dell'University of
Calgary, in Canada, in un articolo pubblicato di recente con alcuni suoi
collaboratori, sulla rivista Nature Reviews Gastroenterology and Hepatology
-. Inoltre diminuisce la sensazione di fame e genera un incremento di attività
nelle regioni del cervello che processano le emozioni».
Quindi i nutrienti
presenti all'interno degli organi viscerali, soprattutto se contenenti acidi
grassi, possono avere di per sé un effetto positivo sull'umore e
rappresentare, come è ben noto più o meno a tutti per esperienza, una sorta di
cibo con azione di conforto nei momenti di stress o di basso tono dell’umore.
Negli ultimi tempi è stato
inoltre messa in evidenza la stretta
interazione che intercorre tra sistema nervoso intestinale, sistema immunitario
intestinale (le cui cellule possiedono sulla membrana gli stessi tipi di
recettori) e la complessa flora intestinale.
I batteri della flora intestinale sarebbero in
grado di rispondere direttamente ai segnali di stress. La presenza di ormoni dello stress quali le catecolamine, come adrenalina e
noradrenalina, stimola la crescita, la
motilità e la virulenza dei batteri che vivono in condizioni di equilibrio
fra di loro e con la nostra parete intestinale e il suo sistema immunitario. La
comunicazione è però ben più articolata della semplice relazione di risposta
allo stress: batteri, sistema
immunitario e sistema nervoso modulano, in modo coordinato, la risposta allo
stress, condizionando anche la comparsa di disturbi intestinali.
Il dottor Peter Konturek del
Dipartimento di Medicina del Teaching Hospital of the University Jena, in
Germania, autore, con alcuni collaboratori, di un articolo sul tema pubblicato
sul Journal of physiology and pharmacology afferma che “ci sono prove del fatto che sono
proprio i batteri intestinali ad aiutare a mantenere il contatto bidirezionale
tra le componenti dell'asse cervello-intestino. In altre parole, lo stress
modifica la flora batterica, ma è vero anche il contrario, ossia che i batteri
dell'intestino possono avere un profondo effetto sull'asse cervello-intestino e
possono modulare la motilità, la permeabilità e la sensibilità dei visceri”.
I meccanismi che regolano la
comunicazione tra i batteri e l'asse nervoso cervello-intestino sono di vario
tipo: lo scambio di messaggi ormonali con le cellule della mucosa intestinale,
l’interazione con le cellule immunitarie, ma anche la comunicazione diretta tra
batteri e cellule del sistema nervoso enterico. Sono cinquecento milioni i
neuroni che formano una fitta rete inestricabile, connessi tra loro e
distribuiti per oltre nove metri lungo tutto l'apparato digerente. Un numero di
neuroni di poco inferiore a quello presente nel midollo spinale umano. Il
professor Pietro Cortelli dell'Irccs, Istituto di scienze neurologiche,
Dipartimento di scienze biomediche e neuromotorie dell'Università di
Bologna-Ospedale Bellaria afferma che “si tratta di una divisione del sistema
nervoso vegetativo che funziona proprio come un cervello intestinale,
necessario per integrare le funzioni delle ghiandole secretorie, del flusso
sanguigno e della muscolatura liscia che rendono possibile la digestione”.
In conclusione, le più
recenti acquisizioni scientifiche sulla neurofisiologia dell’intestino hanno
confermato quanto tutti noi abbiamo avuto modo di verificare nella
quotidianità: esiste un stretta
correlazione, un asse intestino-cervello, resa possibile dall’esistenza di una
vera e propria organizzazione nervosa intestinale che possiamo definire un
“secondo cervello”. Questo secondo cervello comunica con il cervello
principale per mezzo l’interazione con le cellule della parete intestinale, il
sistema immunitario e microflora dell’intestino.
Edoardo Felisi Docente di Probiotici al Master sui
Nutraceutici della Facoltà di Farmacia dell’Università degli studi di Pavia
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