“Ad oggi i
vaccini sono l’unico strumento per superare la pandemia
ma non si può vaccinare a tappeto, senza
conoscere lo stato immunitario e sierologico dei soggetti. L’eventuale presenza di anticorpi da Covid-19
in chi ha già contratto il virus, spesso senza esserne a conoscenza, potrebbe
infatti escludere ogni beneficio del vaccino e comportare,
invece, una pericolosa risposta immunitaria. Inoltre chi è stato già colpito dal virus
sviluppa un’immunità molto più duratura di quanto non si afferma oggi.
Per questo è necessario che si valuti con un test sierologico l’eventuale
presenza di anticorpi prima di praticare una vaccinazione che, nella migliore
delle ipotesi, sarebbe inutile ed avrebbe sottratto un vaccino a chi ne ha
bisogno”. È quanto afferma Claudio Giorlandino, direttore scientifico del
Centro Ricerche Altamedica di Roma.
“Come emerge dalla letteratura scientifica chi ha contratto il
virus ed è guarito ha sviluppato un’immunità completa e la possibilità di ricontagiarsi o
ammalarsi costituisce una rara eccezione, nella
fattispecie riportata un solo caso su centinaia di milioni (1. Zucman N et al.
Clin Infect Dis. 2021 Feb 10)- prosegue l’esperto- Gli studi, con tutti limiti
dovuti al breve lasso di tempo intercorso dall’inizio della pandemia, rilevano
che chi ha avuto l’infezione è protetto e non contagioso per almeno 8 mesi (2.
Hartley GE et al. Sci Immunol. 2020 Dec), senza considerare che se gli
anticorpi scomparissero la protezione sarebbe assicurata dalle cellule di
memoria pronte a ricostruirli in caso di nuovo contatto con il virus. La questione interessa un’enorme fetta
di popolazione: oltre il 50% dei soggetti contrae il virus e guarisce senza
accorgersene e, se contiamo i quasi 3 milioni di
vaccinati, in Italia sono almeno 10
milioni le persone non infettive e non infettabili, per le
quali non ha senso limitare le libertà personali, e che invece potrebbero
dotarsi di un certificato sierologico”.
“In questo contesto si inserisce il gran numero di eventi avversi
che si stanno verificando, determinando la fuga dalle vaccinazioni, e che
devono essere evitati con un più razionale impiego dei vaccini- spiega ancora
Giorlandino- Perché ci sono queste forti
risposte infiammatorie e si muore di infarto e trombosi dopo i vaccini?
L’attenzione si concentra sull’esagerata risposta anticorpale che colpisce,
come una tempesta immunoglobulinica, chi è già protetto da una precedente
immunizzazione (soprattutto soggetti ignari di essere
stati infettati e guariti). La letteratura scientifica internazionale (3.
Nature Microbiology volume 5, pages 1185-119, 2020) tira in ballo il meccanismo
Antibody-Dependent Enhancement (ADE), che potrebbe determinare addirittura
un aumento della aggressività e virulenza del virus invece di proteggere
l’organismo vaccinato. Per
evitare tali eventi avversi e non sprecare dosi di vaccini, sembra necessario
effettuare prima della vaccinazione uno screening sierologico con tecnica di
immunocromatografia per rilevare l’eventuale presenza di anticorpi. È
evidente che non si vaccina per un virus già contratto, che sia influenza
stagionale, epatite, rosolia. È
infatti escluso ogni beneficio per chi ha avuto il virus inoculato, anzi si
rischia una impropria e pericolosa risposta immunitaria”.
Tratto da Agenzia Dire 16 Marzo 2021