Un test rapido del sangue può misurare l’entità e la durata dell’immunità di una persona al virus Sars-CoV-2. I risultati, oltre a consentire di monitorare l’immunità della popolazione e l’efficacia degli attuali vaccini, può aiutare a progettare nuove strategie di ri-vaccinazione. Specialmente per i soggetti fragili immunocompromessi. Il test, sviluppato dai ricercatori del Mount Sinai di New York, richiede meno di 24 ore e può essere utilizzato ampiamente nella popolazione. L’esame misura l’attivazione delle cellule T, che fanno parte della nostra risposta immunitaria adattativa all’infezione o alla vaccinazione da Sars-CoV-2 e ci aiutano a proteggere dalle forme gravi della malattia o dalla morte.
Il test misura l’attivazione delle cellule T nelle persone guarite e/o vaccinate
«Il test che abbiamo
creato ha la capacità di misurare l’immunità
cellulare della popolazione e di testare ampiamente
l’efficacia di nuovi vaccini», spiega uno degli autori senior dello studio, Ernesto Guccione, professore di scienze
oncologiche e scienze farmacologiche, presso il The Tisch Cancer Institute del
Monte Sinai. «Sappiamo che le popolazioni vulnerabili non sempre attivano una risposta anticorpale, quindi misurare
l’attivazione dei linfociti T – continua – è fondamentale per valutare l’intera
portata dell’immunità di una persona. Inoltre, l’emergere di varianti Sars-CoV-2 come Omicron,
che sfuggono alla maggior parte della capacità neutralizzante degli
anticorpi, indica la necessità di test in grado di misurare le cellule T, che
sono più efficaci contro le varianti
emergenti di preoccupazione».
La protezione a
lungo termine dall’infezione
virale è mediata sia dagli anticorpi che dalla risposta dei linfociti T. Molti studi recenti sottolineano
l’importanza di determinare la funzione dei linfociti T negli individui che
sono guariti o che sono stati vaccinati contro Covid-19 per aiutare a
progettare nuove
campagne di vaccinazione. Tuttavia, prima di questo studio, la
misurazione delle risposte dei linfociti T è stata eseguita raramente a causa
delle sfide tecniche a essa associate.
Nel condurre questo
studio, pubblicato sulla rivista Nature
Biotechnology, i ricercatori hanno ottimizzato i test basati su PCR che hanno il
potenziale per essere scalabili, sensibili e accurati a livello globale. I
ricercatori hanno ristretto la loro attenzione ai due test che offrivano la
massima scalabilità. Uno, il test qTACT,
è accurato e sensibile ma ha un tempo di elaborazione relativamente più lungo
di 24 ore per 200 ècampioni di sangue, un prezzo moderato e un livello medio di
capacità tecnica. L’altro, il test
dqTACT, a accurato, ha tempi e costi di elaborazione ridotti e
richiede un’esperienza di laboratorio minima, rendendolo facile da
implementare.
I test permette di monitorare l’impatto delle
mutazioni virali sull’immunità
Il test dqTACT ha
recentemente ottenuto la certificazione
europea CE-IVD, mentre è in corso la validazione clinica della
Food and Drug Administration e dell’Agenzia
europea per i medicinali. «I saggi presentati qui si basano
sulla capacità delle cellule T di rispondere ai peptidi che coprono diverse
proteine del virus», spiega un altro autore senior, Jordi Ochando, professore di scienze oncologiche presso il Tisch
Cancer Institute del Monte Sinai. «Con la possibilità di
utilizzare diversi pool di peptidi, il nostro approccio rappresenta una
strategia flessibile che può essere facilmente implementata per rilevare la
presenza di cellule T – prosegue – che rispondono a diverse proteine virali.
Queste cellule T hanno un ruolo importante nella protezione dai ceppi mutanti emergenti, permettendo così di
misurare così immediatamente l’impatto che le mutazioni
virali potrebbero avere sull’immunità cellulare».
Tratto da “Sanita
Informazione” 13/06/2022
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