Dopo il clamore
suscitato negli anni passati dal ritiro dal mercato di alcuni “coxib” si
conoscono i rischi cardiovascolari inerenti all’impiego di questi
anti-dolorifici di nuova generazione. Ma adesso, un’ampia revisione di tutti i
lavori pubblicati sui vecchi e classici farmaci anti flogistici non steroidei
(FANS), dal diclofenac al naprossene, all'ibuprofene , evidenzia come anch’essi siano molto
pericolosi per la salute del cuore.
I farmaci anti-flogistici non steroidei (FANS,
Farmaci Antiflogistici Non Steroidei o NSAID, Nonsteroidal Anti-Inflammatory
Drugs), diversi dall’aspirina, sono impiegati nella pratica clinica da oltre un
secolo e sono tra i farmaci di più largo consumo in tutto il mondo per trattare
dolore, febbre, stati infiammatori. Ma non sono esenti da pericoli, da molti
anni infatti, si sa che questi farmaci possono causare ritenzione idrica e
innalzare i livelli pressori, due condizioni che aumentano il rischio
cardiovascolare nei soggetti con scompenso cardiaco.
Poi
sono arrivati i COX-2 inibitori (o “coxib”), farmaci dotati di proprietà
analgesiche e anti-infiammatorie senza però il carico degli effetti collaterali
gastro-intestinali dei FANS. Al vaglio dei mega-trial dell’età moderna si è scoperto tuttavia che rofecoxib,
celecoxib, valdecoxib e parecoxib aumentano il rischio di complicanze
cardiovascolari. E questo ha naturalmente molto ristretto le indicazioni
all’uso di questi farmaci. “Paradossalmente però fanno notare Morten Schmidt e
colleghi dell’Università di Aarhus, Danimarca – il vecchio diclofenac, in COX-2
inibitore relativamente selettivo, continua ad essere uno dei farmaci più
utilizzati nel mondo, e in molti paesi è addirittura venduto come OTC”. Di
ampio utilizzo anche gli inibitori selettivi COX-1 e COX-2, quali ibuprofene(
NUROFEN) e naprossene,
considerati chissà in base a quale criterio, del tutto sicuri.
Partendo
da queste considerazioni i ricercatori dell’Università di Aarhus, in
collaborazione con altre università, hanno riassunto in una review le evidenze finora derivate dagli
studi randomizzati e osservazionali sulla sicurezza cardiovascolare di questi farmaci. Il lavoro
comprende anche un position paper sul
loro impiego.
Il
messaggio di fondo è che i coxib, così spesso usati e (abusati) soprattutto nei
pazienti con condizioni reumatiche, sono particolarmente pericolosi per i
pazienti cardiopatici, ma altrettanto pericolosi per il cuore sono i vecchi farmaci
antinfiammatori non steroidei
“È
noto ormai da diversi anni che i COX-2 inibitori aumentano il rischio di
infarto. Per questo motivo – ricorda Morten Schmidt dell’Università di Aarhus,
coordinatore della ricerca pubblicata su European
Heart Journal – un certo numero di coxib sono stati ritirati dal mercato.
Ma oggi sappiamo che l’impiego di alcuni vecchi NSAID, in particolare il
diclofenac, si associa ad un aumentato rischio di infarto. Un rischio che è di
entità sovrapponibile a quello attribuito ai vari coxib ritirati dal mercato. E
tutto ciò è molto preoccupante, visto che questi vecchi farmaci sono usati
frequentemente in tutto il mondo occidentale e disponibili in alcuni paesi
anche senza prescrizione” e anche pubblicizzati dai mass media (ndr)
Nei
Paesi Occidentali ogni anno almeno il 15% della popolazione si fa prescrivere
un FANS e la percentuale è naturalmente molto più elevata tra gli anziani. I
pazienti cardiopatici non fanno eccezione a questa regola. Studi condotti in
passato in Danimarca ad esempio dimostrano che questi farmaci vengono
prescritti nel 40% dei pazienti con scompenso cardiaco o pregresso
infarto.
Lo
studio pubblicato su European Heart
Journal è stato condotto in collaborazione con altre 14 università europee;
racchiude tutto lo scibile ad oggi sull’uso di NSAID nei pazienti cardiopatici.
E questo ha consentito alla Società Europea di Cardiologia, per la prima volta,
di formulare una serie di raccomandazioni che i medici dovrebbero tenere in
considerazione prima di prescrivere un antidolorifico ai loro pazienti.
“Quando un medico prescrive un FANS –
ammonisce un altro autore dello studio Christian Torp-Pedersen, professore di
cardiologia, Aalborg University (Danimarca) – deve tener presente, caso per
caso, il rischio di complicanze cardiache e di emorragie. Questi farmaci
andrebbero venduti come OTC solo indicando chiaramente i rischi cardiovascolari
associati al loro impiego. In generale, questa categoria di farmaci non andrebbe
utilizzata nei pazienti affetti o ad altro rischio di patologie
cardiovascolari”.
“Molti
Paesi europei- afferma Morten Schmidt – hanno un elevatissimo consumo di questi
farmaci. Questo va ridotto, magari sostituendoli con paracetamolo, fisioterapia, oppioidi deboli e altri tipi di farmaci
antinfiammatori/antifebbre con minor
rischio per la salute del cuore.
Tratto da Quotidiano Sanità.it 20 Marzo 2016
Dott. Elena Bosi
Specialista in Pediatria
Esperta in Omeopatia e Medicine Complementari
Milano
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