La riflessione aperta dal Comune di Milano sulla possibilità di
introdurre l’obbligo vaccinale per poter accedere agli asili comunali e
convenzionali rappresenta un’occasione importante di confronto e partecipazione
della cittadinanza, tra competenze, responsabilità e aspettative diverse.
Il sindaco è il responsabile della condizione dalla salute dei suoi cittadini e condivide con il Consiglio Comunale questa responsabilità. Per legge (decreto Bindi del ’99) deve controllare la gestione del Servizio Sanitario fatta a livello locale dall’Agenzia a Tutela della Salute (l’operato del direttore generale). Il sindaco deve quindi conoscere lo stato di salute della sua comunità e deve prendere provvedimenti anche preventivi. E’ quello che succede, per esemplificare, con la limitazione del traffico all’innalzarsi e perdurare dell’inquinamento atmosferico.
La comunità è un’insieme variegato di persone (popolazione) e quindi per qualsiasi provvedimento ci sono i favorevoli e i contrari, i detrattori e i promotori, tutti con le proprie ragioni. I decisori lo sanno e quindi la forza dei loro provvedimenti in termini di consenso e partecipazione deve basarsi sull’appropriatezza dell’intervento proposto o attivato, la sua fattibilità e la comprensione da parte della cittadinanza. Quindi l’informazione (conoscenza) sia dei decisori che della popolazione è (prima, durante e in seguito) essenziale.
C’è un pericolo reale per la popolazione infantile milanese? I dati forniti dall’ATS Milano Città Metropolitana dovrebbero facilitare la risposta.
Sappiamo
che i tassi di coperture vaccinali stanno diminuendo a livello nazionale con
ampie variazioni territoriali e per le singole vaccinazioni. Milano, seppur con
tassi di copertura inferiori rispetto agli anni passati, è tra le realtà
nazionali con le più alte coperture. L’indice del 95% di copertura, che varia
per ogni vaccinazione, è il traguardo da superare per eradicare una malattia
prevenibile con la vaccinazione, il controllo della malattia lo si garantisce
anche con livelli un poco inferiori. Quindi, quale è il livello attuale della
popolazione infantile milanese? Quale livello ci si prefigge di raggiungere con
l’iniziativa in discussione e con quale fine? O più semplicemente: quanti sono
i bambini che attualmente frequentano i nidi e gli asili milanesi che non sono
vaccinati? Quanti di questi potrebbero esserlo?Il sindaco è il responsabile della condizione dalla salute dei suoi cittadini e condivide con il Consiglio Comunale questa responsabilità. Per legge (decreto Bindi del ’99) deve controllare la gestione del Servizio Sanitario fatta a livello locale dall’Agenzia a Tutela della Salute (l’operato del direttore generale). Il sindaco deve quindi conoscere lo stato di salute della sua comunità e deve prendere provvedimenti anche preventivi. E’ quello che succede, per esemplificare, con la limitazione del traffico all’innalzarsi e perdurare dell’inquinamento atmosferico.
La comunità è un’insieme variegato di persone (popolazione) e quindi per qualsiasi provvedimento ci sono i favorevoli e i contrari, i detrattori e i promotori, tutti con le proprie ragioni. I decisori lo sanno e quindi la forza dei loro provvedimenti in termini di consenso e partecipazione deve basarsi sull’appropriatezza dell’intervento proposto o attivato, la sua fattibilità e la comprensione da parte della cittadinanza. Quindi l’informazione (conoscenza) sia dei decisori che della popolazione è (prima, durante e in seguito) essenziale.
C’è un pericolo reale per la popolazione infantile milanese? I dati forniti dall’ATS Milano Città Metropolitana dovrebbero facilitare la risposta.
Quali sarebbero le vaccinazioni interessate? Il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 prevede che al compimento del 15° mese di vita i bambini che non presentano controindicazioni dovrebbero essere vaccinati contro 15 malattie, una decina di inoculazioni in 4-5 sedute a seconda delle decisioni regionali e dalle formulazioni di vaccini utilizzate. Tutti i vaccini contemplati nel Piano sono efficaci e sicuri; il loro utilizzo e rimborsabilità sino a dicembre erano a discrezione delle singole Regioni. Con l’inserimento di queste vaccinazioni tra i LEA si dovrebbe raggiungere una maggiore omogeneità territoriale, almeno nell’offerta. Per legge solo le vaccinazioni contro 4 delle 15 malattie sono obbligatorie le altre sono raccomandate. Quindi un’eventuale intervento comunale potrà riguardare solo le 4 vaccinazioni obbligatorie per legge (difterite, tetano, poliomielite ed epatite B). E’ possibile oggi vaccinarsi solo contro queste 4 malattie? Difficile, se non pressoché impossibile, perché le formulazioni di vaccini attualmente in commercio prevedono l’associazione con altri vaccini che consentono di ridurre il numero di iniezioni. Ne consegue che la decisione comunale rappresenterebbe una coercizione “illegale” perché impone, nella pratica, anche la somministrazione di vaccini che sono solo raccomandati. L’ottenimento di speciali formulazioni di vaccini (p. es. solo i 4 obbligatori) rimanda ad altri iter da attivare con l’Agenzia del Farmaco (per l’immissione in commercio), la Regione (per i bandi d’acquisto), i servizi vaccinali territoriali (per l’organizzazione delle sedute vaccinali). In una situazione già complessa dell’organizzazione dei servizi caratterizzata dalla carenza di risorse, l’efficacia del provvedimento induce ad un’ulteriore carico di lavoro (anche informativo) per tutti.
Se comunque venisse introdotto l’obbligo da che cosa bisogna tutelarsi? Abbiamo poche informazioni e da altre nazioni con sistemi sanitari e sociali differenti circa l’efficacia di provvedimenti simili. Altri interventi sono parimenti efficaci nel raggiungere lo stesso obiettivo (stessa copertura) e mantenerlo nel tempo? Forse sì. Decisioni difficili, ma altre iniziative centrate sull’informazione attiva multimodale e sulla responsabilità e responsabilizzazione di tutti (anche degli operatori sanitari) sono state già tentate? Sono risultate inefficaci?
Bisogna comunque tutelare la cittadinanza affinché il provvedimento non favorisca la creazione di nidi o asili per non vaccinati per credo e censo. La creazione di comunità non vaccinate sarebbe pericolosa, innanzitutto per i bambini che frequentano questi nidi e asili, come documentato da epidemie locali in altri contesti internazionali.
Infine, se la decisione verrà presa dovrebbe essere solo una di una serie di iniziative rivolte all’intera comunità per una “Milano vaccinata”. Per gli ultra 65enni quali iniziative? Divieto di utilizzare i servizi pubblici di trasporto per i non vaccinati contro pneumococco e influenza?
Maurizio
Bonati
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano
Dipartimento di Salute Pubblica
IRCCS Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano
Ultimo aggiornamento 27 febbraio 2017
Tratto da www. Partecipasalute.it
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