Sono più di mille i volontari - di sana e robusta costituzione, ed età
inferiore ai 55 anni - che da domani scendono in campo, a disposizione
della scienza, per i primi test clinici del vaccino contro il Covid-19 messo in cantiere nella
celeberrima università di Oxford: il progetto più avanzato d'Europa
in termini di sperimentazione. Dopo i risultati incoraggianti, fatti
registrare nella fase pre-clinica sugli animali, il prototipo oxfordiano
- chiamato ChAdOx1 nCoV-19 e frutto della partnership con l'azienda italiana
Advent-Irbm di Pomezia - passa dunque alla fase dei trails su uomini e
donne 'cavia', che riceveranno, sotto forma di "rimborso spese", fino
all'equivalente di 700 euro. Una
sensazionale accelerazione, quella impressa nella corsa al vaccino dal
prestigioso ateneo britannico (seguito a distanza dal singolo test umano
annunciato oggi in Germania dal Paul Ehrlich Institut) possibile solo grazie
alla concentrazione di diversi stadi della sperimentazione in quattro mesi,
invece dei cinque anni solitamente necessari.
Due le ragioni
chiave dietro l'impennata del Jenner Institute, cuore della ricerca affidata
all'equipe della professoressa Sarah Gilbert: l'urgenza imposta dalla micidiale
pandemia e l'uso d'una tecnologia, già testata con successo nel recente
passato, contro altri virus di ceppo analogo quali Mers o Sars. "E'
stato un chiaro vantaggio sugli altri gruppi di lavoro", ha
riconosciuto all'ANSA Martino Bardelli, ricercatore ticinese coinvolto nei test
di Oxford, che potranno contare anche sui finanziamenti extra (24 milioni di
euro) garantiti ieri dal governo britannico. "Il vaccino è basato su un vettore virale chiamato ChAdOx1, inserito
dentro l'involucro di un adenovirus isolato dagli scimpanzé - la spiegazione di
Bardelli -. Il suo genoma però viene modificato per evitare che possa
replicarsi o causare un'infezione negli individui vaccinati. Al suo interno
viene introdotto il gene della proteina spike del SARS-CoV-2. Quando questo
vettore virale infetta le nostre cellule, stimola la produzione della
proteina spike per innescare l'attivazione dell'immunità". La speranza
degli scienziati del Jenner è che il sistema immunitario "impari" a
riconoscere la proteina spike, così da sollecitare una rapida risposta tale da
bloccare l'infezione. La sperimentazione clinica si svolgerà in diversi
laboratori, dislocati nelle aree di Bristol, Southampton e Londra. E
coinvolgerà un totale di 1.112 volontari, di età compresa tra i 18 e 55 anni,
selezionati attraverso scrupolosi controlli medici. A circa metà campione (510
individui) verrà somministrato il ChAdOx1 nCoV-19, agli altri il vaccino contro
la meningite: nessuno saprà il proprio gruppo d'appartenenza. Una volta terminata
la fase 1, e confermata la non tossicità del vaccino, si passerà
(verosimilmente tra fine maggio e giugno) alla fase 2, con gruppi di
volontari più anziani. "E' la fase che ci preoccupa maggiormente
- ha spiegato Andrew Pollard, virologo del team di Oxford - perché tra
gli over 70 la risposta immunitaria a molti vaccini è spesso deludente. Se
accadesse anche in questo caso, proveremo a somministrare dosi maggiori per
rinforzare la reazione del sistema immunitario". L'obiettivo, nel
migliore degli scenari, è di poter contare già su un milione di dosi
a settembre, disponibili per un ipotetico uso compassionevole
successivo direttamente su alcune categorie di pazienti gravi.
Mentre per una produzione su larga scala i tempi sono destinati ad
allungarsi: più o meno un anno nelle previsioni di un'eventuale copertura
nazionale britannica, di più per una svolta globale. "Continuo a
ritenere che per una soluzione a breve-medio termine dobbiamo insistere nella
ricerca di un farmaco, magari già esistente, in grado di disinnescare i
sintomi del coronavirus", ha osservato Bardelli: "I tempi
del vaccino per tutti resteranno comunque più lunghi".
Tratto da Dottnet 22/04/2020
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