La Rhodiola rosea (R. rosea) è usata nella medicina tradizionale
del Nord Europa e specialmente in Russia come rimedio per migliorare la
performance lavorativa, per trattare la fatica, la debolezza e l’impotenza,
nonché come droga adattogena ovvero in
grado di aumentare la resistenza allo
stress fisico e mentale. Ancora oggi in Siberia si usa regalare un bouquet di
radici dorate, come viene soprannominata la droga della pianta, al momento del
matrimonio come augurio di fertilità.
Gli autori di questa review prendono in considerazione tutte le
pubblicazioni sull’attività antidepressiva della R. rosea a ottobre 2015
presenti su medline e sulle librerie russe; infatti, dato l’uso tradizionale
della pianta, numerosi studi clinici sono stati condotti in Russia.
Le prime evidenze precliniche relative all’efficacia antidepressiva delle radici e rizoma di R. rosea risalgono al 2002; dimostrandolo su topi esposti al test comportamentale del nuoto forzato. L’efficacia di R. rosea risultò comparabile a 2 antidepressivi comunemente usati nella terapia convenzionale (imipramina e amitriptilina) e superiore all’estratto di Hypericum perforatum. Ulteriori evidenze sono state dimostrate successivamente sia somministrando l’estratto in acuto come singola dose, sia dopo trattamento cronico per 3 o 6 settimane. Degli oltre 140 composti identificati nell’estratto del rizoma di R. rosea, si ritiene che l’azione antidepressiva sia imputabile a più componenti, visto che l’estratto o la miscela di vari costituenti attivi produce effetti maggiori dei singoli. Interessante notare che sebbene sia stato osservato che rosiridina possieda attività inibitoria sulle due isoforme dell’enzima MAO, tuttavia la sua concentrazione nell’estratto è così bassa che non può da sola giustificare l’azione antidepressiva osservata. Si ipotizza che tale azione sia legata a più complessi meccanismi coinvolgenti i mediatori di risposta allo stress, da una parte l’asse ipotalamo-ghiandola pituitaria-surrene, dall’altra il neuropetpide Y (NPY). E’ stato dimostrato che l’estratto di R. rosea, ma anche il salidroside (o rhodioloside) sono in grado di stimolare la produzione di NPY (che svolge un ruolo chiave nella depressione, visto che pazienti che soffrono di depressione maggiore hanno bassi livelli cerebrali di questa proteina), che a sua volta regola la proteina Hsp70 e la proteina stress-indotta JNK; tale effetti contribuiscono infine all’incremento dei livelli di cortisolo. Agli studi preclinici si affiancano numerose evidenze cliniche, i primi studi eseguiti su R. rosea nell’Unione Sovietica confermano infatti l’efficacia antidepressiva, visto che i pazienti in terapia con l’estratto manifestavano un miglioramento del tono dell’umore, dell’interesse e dell’attività; inoltre quando assunti in concomitanza con antidepressivi triclicici si registravano minori effetti avversi, sebbene non sia stato spiegato ancora il motivo. Tuttavia un’analisi attenta di questi trials rivela che raramente sono stati randomizzati o condotti in cieco, questo purtroppo riduce il valore scientifico e l’affidabilità dei risultati pubblicati.
In conclusione, nonostante la limitazione derivante dalla
difficoltà di interpretazione degli studi russi, le evidenze pre-cliniche e
cliniche più recenti dimostrano che R. rosea possiede effetti benefici sul tono
dell’umore attraverso la regolazione di vari target cellulari coinvolti nella
risposta allo stress; suggerendo quindi che potrebbe rappresentare una valida
alternativa per il trattamento della depressione lieve ai farmaci convenzionali,
spesso poco tollerati e non esenti da effetti avversi.
Tratto da Articolo della
Dott.ssa Lara Testai SIF (Società Italiana di Farmacologia 1 Agosto 2016)
Fonte
bibliografica: Armsterdam J. D.
& Panossian A. G. Rhodiola rosea L. as a putative botanical antidepressant.
Phytomedicine, 23, 770-783; 2016.
Dott.ssa Elena Bosi
Specialista in Pediatria
Esperta in Omeopatia e Medicine
Complementari
Milano
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