Questa situazione peculiare fa
sì che la terapia è in parte individualizzata ed approntata su misura per ogni
paziente, in relazione alla sua particolare situazione clinica, ma il cardine
fondamentale rimane la correzione della
carenza di magnesio senza la quale viene a mancare il razionale su cui poi
impiantare la terapia individuale.
L’omeopatia offre un buon
numero di medicamenti che possono trovare indicazione nel trattamento della
spasmofilia perché essa presenta una vasta gamma di quadri clinici che ben si
prestano ad una terapia di terreno individualizzata, mirata a risolvere lo
squilibrio psicosomatico che caratterizza il paziente spasmofilico.
Alcuni pazienti, in cui predominano
in modo massivo sintomi psichiatrici, possono presentare l’indicazione della
terapia con psicofarmaci: benzodiazepine, per brevi periodi non superiori alle
tre o quattro settimane, nei casi di intensa ipereccitabilità e antidepressivi
a basso dosaggio nei pazienti in fase depressiva. Occorre valutare con
attenzione l’uso di benzodiazepine, perché da una parte controllano
l’ipereccitabilità ma contemporaneamente minano l’efficacia del paziente che è
costretto a ricorrere ad una stimolazione adrenergica supplementare che crea ,
alla lunga, un circolo vizioso complicato.
Taluni pazienti con importanti
segni cardio-circolatori (tachi-aritmie fastidiose, sindrome di Raynaud)
presentano l’indicazione per l’uso di betabloccanti , nell’attesa che la
correzione del deficit di magnesio migliori il quadro clinico generale. L’uso
di questi farmaci però comporta una breve (da 4 a 8 giorni) fase di astenia
profonda che spesso il paziente non accetta e che lo induce ad interrompere la
terapia.
La fitoterapia offre numerosi
prodotti sintomatici per affrontare le diverse sfumature sintomatologiche della
sindrome spasmofilica. Classico l’uso di alcune piante quali la Valeriana, il
Tiglio, la Passiflora, la Melissa quali presidi terapeutici di prima scelta nei
casi di ansia moderata, oppure la prescrizione di Ginseng o di Eleuterococco
nell’astenia e di Hyperico nelle forme depressive iniziali. Le aritmie
extrasistoliche che spesso accompagnano la sindrome possono essere trattate con
il Biancospino e l’Aescholtzia californica offre un valido aiuto nei casi di
turbe del sono in cui il trattamento con le benzodiazepine non sia indicato.
Questi non sono che pochi esempi di come il mondo proteiforme e variegato della
fitoterapia rappresenti un utile sussidio per affrontare una patologia così
variabile nelle manifestazioni e nell’evoluzione come la sindrome spasmofilica.
Il cardine della terapia: la
correzione della carenza di magnesio
Tutte quelle citate
rappresentano delle ottime opzioni per affrontare alcuni degli aspetti dell’ampia
gamma sintomatologica che ogni paziente spasmofilico presenta, ma ognuna di
esse costituisce una soluzione parziale o gravata da pesanti effetti
collaterali, come nel caso delle benzodiazepine e dei betabloccanti.
Il vero comune denominatore nella
terapia di tutti i pazienti con sindrome spasmofilica è la correzione del
deficit intracellulare di magnesio.
Abbiamo visto in precedenza
come lo stress agisca attraverso il sistema adrenergico e determini un aumento
dell’eliminazione renale di magnesio, che in associazione a deficit primitivi
di questo catione (genetici o da squilibrio alimentare) scatena la sindrome
spasmofilica con i suoi caratteristici sintomi da ipereccitabilità.
Hans Selye, il teorico dello
stress, è stato uno dei primi a ipotizzare l’uso del magnesio nella prevenzione
dei disturbi da stress. Negli anni 30, alcuni studi effettuati su animali hanno
dimostrato che il deficit di magnesio induce disturbi neuro-muscolari, quali
tetania e convulsioni, e successivamente, negli anni 50 e 60, in Francia e
negli Stati Uniti, sperimentazioni cliniche sull’uomo, hanno evidenziato quei
fenomeni di ipereccitabilità neuro-muscolare, correlati alla carenza di
magnesio, che Durlach nel 1959 definirà come “spasmofilia”. I lavori di Durlach
inducono alla conclusione che esista nella popolazione un sottogruppo che
presenta una tendenza genetica alla deplezione di magnesio associata ad una
particolare sensibilità allo stress. In genere, solo in un terzo di questa
popolazione i valori medi di magnesiemia sono inferiori a quelli della
popolazione non spasmofilica, ma dei due terzi restanti sono sempre inferiori
alla norma i valori intracellulari di magnesio nei globuli rossi e nei
linfociti.
Il magnesio, nel corpo umano,
è per il 99% intracellulare e solo l’1% si trova nel sangue circolante. Il 70%
circa del magnesio intracellulare è contenuto nel tessuto osseo. Questo catione
ha un ruolo fondamentale nei processi bioenergetici: facilita il trasporto di
glucosio attraverso la membrana cellulare e svolge funzione di coenzima in
quasi tutte le fasi della glicolisi, interviene nei processi di ossidazione
degli acidi grassi, nel ciclo di Krebs, nella fosforilazione ossidativa, cioè
in tutti i processi che portano alla produzione di energia. Partecipa alla
regolazione dell’equilibrio acido-base e limita lo stress ossidativo.
Nei soggetti normali il fabbisogno giornaliero si aggira
attorno ai 300 mg nei maschi di peso medio; secondo alcuni autori tale
fabbisogno sarebbe più elevato, circa 6 mg per Kg di peso, quindi 420 mg per un
uomo di 70 Kg.Questo quantitativo è, generalmente, garantito da una dieta ben
equilibrata in cui siano rappresentati adeguatamente cereali integrali, frutta
secca, banane, cioccolato pesci ed acqua minerale ad alto contenuto di
magnesio.
Ecco alcuni esempi del
contenuto di magnesio nei diversi alimenti.
Alimento
|
contenuto in Mg espresso in
mg/100 g
|
carne bovina
|
25
|
carne suina
|
30
|
pollo
|
20
|
salmone
|
29
|
gruviera
|
45
|
pane bianco di grano
|
30
|
fiocchi d’avena
|
145
|
germi di grano
|
400
|
fagioli secchi
|
150
|
spinaci
|
50
|
banana
|
35
|
mandorle
|
254
|
dattero
|
65
|
fichi secchi
|
80
|
noci
|
130
|
cacao
|
400
|
cioccolato
|
290
|
birra
|
10
|
acqua minerale
|
8-40
|
Nei soggetti normali,
sottoposti per lungo tempo a fattori stressanti, tali dosaggi non sono più
sufficienti a garantire una protezione e la dieta deve essere integrata con
opportune quantità di magnesio, in genere sono sufficienti 30-60 mg per brevi
periodi di tempo: 2-3 mesi.
La popolazione spasmofilica
richiede normalmente dosaggi più elevati che difficilmente possono essere
forniti dalla dieta; in effetti i soggetti spasmofilici necessitano di una
integrazione subcontinua. Occorre individuare la supplementazione minima con la
quale restano in equilibrio e che nei periodi di stress può aumentare di due e
talora tre volte.
La supplementazione minima è variabile da soggetto a soggetto ma in
genere varia da 60 a 90 mg al giorno, con le variazioni segnalate in caso di
stress elevato e prolungato (anche 200 mg al giorno, per 6 mesi circa).
L’assorbimento del magnesio allo
stato puro, così come si trova in forma inorganica negli alimenti, è
difficoltoso, soprattutto nelle condizioni di debilitazione legate all’età o a
particolari patologie. Esso è invece molto più facilmente assimilabile quando è
assorbito sotto forma organica, coniugato con molecole che svolgono il compito
di “trasportatori”, che lo rendono molto più biodisponibile. Occorre però tener
presente un effetto collaterale importante dei sali di magnesio: la diarrea.
I trasportatori più
frequentemente utilizzati, che non provocano diarrea, sono i gluconati, i
glicerofosfati e gli orotati.
Gli orotati sono sali minerali
della Vit. B13, l’acido orotico, e rappresentano dei vettori molto efficaci per
l’assorbimento dei vari minerali.
L’acido orotico forma con il magnesio,
in particolare, un legame molto stabile
che non viene scisso dagli enzimi digestivi e che permette di trasportare
questo catione in tutti i distretti dell’organismo che ne necessitano. Il tasso
di assorbimento dell’orotato di magnesio
è il più elevato, assieme a quello del glicerofosfato, e si aggira attorno
al 60-80 % della dose assunta.
In genere è somministrato in
capsule da 500 mg che contengono circa 30 mg di magnesio.
Nei casi di spasmofilia
ribelle al trattamento con magnesio è utile associare vitamine del gruppo B, in
particolare la Vit. B6, che facilita la ritenzione intracellulare del catione;
ma devono essere evitati i dosaggi troppo elevati e le terapie prolungate
perché possono provocare neuriti periferiche.
Ed ecco infine, alcuni consigli
pratici per la gestione della spasmofilia:
·
bere acqua con un contenuto di Mg ++
di almeno 20 mE/litro
·
consumare cereali integrali soprattutto a
colazione
·
mangiare frutta secca e legumi secchi (ricca in
Mg e Vit B6)
·
introdurre nella dieta, almeno 3 volte alla
settimana, pesce ad alto contenuto di Mg
·
evitare il caffè che esalta l’effetto delle
catecolamine e aumenta l’escrezione urinaria di magnesio
·
evitare l’eccesso di alcool che aumenta
anch’esso l’eliminazione urinaria di Mg
·
evitare il tabacco che accentua lo squilibrio
dei neurotrasmettitori.
§ Edoardo
Felisi – Medico esperto in Omeopatia- Docente di
Medicinali Omeopatici e di Probiotici alla Facoltà di Farmacia dell’Università degli
Studi di Pavia
Nessun commento:
Posta un commento