domenica 28 marzo 2021

Guerra dei vaccini...e Cuba ?

 


Nel mondo infuria la nuova guerra del XXI secolo, quella dei vaccini. La geopolitica mondiale viene riscritta a colpi di contratti, diffide, consegne, blocchi all’export. Cavilli che oggi prendono il posto dei più classici mortai e carri armati, ma che lasciano corpi a terra allo stesso modo. Le potenze mondiali provano a trascinare l’Europa nella loro sfera d’influenza, tentandola con generose offerte o minacciandola con tagli crudeli. All’Africa, come sempre e 
al di fuori di qualche rarissima eccezione, è precluso sedere al tavolo delle multinazionali Big Pharma. Eppure, anche in questo mondo così diverso da quello che vorremmo, c’è qualche eccezione, anche se così piccola da essere difficile da identificare sul mappamondo, parliamo di Cuba, la piccola isola tropicale che da sempre in campo medico ha avuto molto da insegnare a tutti. Grazie al  PrevengHo-vir, farmaco omeopatico che è stato somministrato gratuitamente come profilassi per il covid19, l’isola ha contato 61.472 infezioni e 370 morti (fonte: John Hopkins University) su 11 milioni di abitanti. L’Italia, con una popolazione che supera di poco i 60 milioni, ha registrato 3,2 milioni di casi e 102mila decessi. A Cuba è morta di Covid19 lo 0,00003% della popolazione. In Italia l’1,7%.

giovedì 25 marzo 2021

UN BASSO LIVELLO DI VITAMINA D PUO’ AGGRAVARE IL DECORSO DEL COVID

 


La sua insufficienza è stata collegata alle infezioni virali del tratto respiratorio inferiore e all'esacerbazione delle malattie polmonari ostruttive croniche e dell'asma . La carenza di Vitamina D sembrerebbe associata a stadi clinici di COVID-19 più compromessi. E' quanto emerge da uno studio retrospettivo su 52 pazienti, che ha visto la collaborazione dell'ISS, dell'Ospedale Sant'Andrea di Roma e di altre istituzioni, pubblicato sulla rivista Respiratory Research. "Nella nostra indagine abbiamo correlato, per la prima volta, i livelli plasmatici di VitD a quelli di diversi marcatori (di infiammazione, danno cellulare, coagulazione) e ai risultati radiologici tramite TAC durante il ricovero per COVID-19 - spiega Francesco Facchiano, ricercatore ISS, coautore dello studio - e abbiamo osservato che i pazienti con bassi livelli plasmatici di VitD, indipendentemente dall'età, mostravano una significativa compromissione di tali valori, vale a dire risposte infiammatorie alterate e un maggiore coinvolgimento polmonare". Per lo studio sono stati arruolati 52 pazienti affetti da COVID-19 con coinvolgimento polmonare (27 femmine e 25 maschi, l'età mediana era di 68,4 anni). I livelli di vitamina D erano carenti (con livelli plasmatici di VitD molto bassi, sotto 10 ng/ml) nell'80% dei pazienti, insufficienti nel 6,5% e normali nel 13,5%. Recenti osservazioni hanno dimostrato che la Vit D non è un semplice micronutriente coinvolto nel metabolismo del calcio e nella salute delle ossa, ma svolge anche un ruolo importante come un ormone pluripotente in diversi meccanismi immunologici. È noto che i suoi

mercoledì 24 marzo 2021

Come i bambini neutralizzano il Covid : studio del Bambino Gesù

 


I ricercatori hanno identificato per la prima volta le caratteristiche immunologiche dei pazienti che meglio reagiscono all’infezione da Sars-CoV-2. Uno studio dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù identifica per la prima volta le caratteristiche immunologiche dei bambini che meglio reagiscono all’infezione da nuovo coronavirus, riuscendo a debellarla già dopo la prima settimana. La ricerca, realizzata insieme all’Università di Padova e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, è stata pubblicata sulla rivista scientifica Cell Reports.

 Lo studio. L’indagine del Bambino Gesù ha coinvolto 66 pazienti di età compresa tra 1 e 15 anni ricoverati nel Centro Covid del Bambino Gesù di Palidoro nell’estate del 2020. La ricerca è stata promossa dal gruppo di studio “Cactus - Immunological studies in children affected by Covid and acute diseases”, creato da medici e ricercatori del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero del Bambino Gesù nel pieno dell’emergenza sanitaria.
 La maggior parte dei bambini inseriti nello studio era paucisintomatica a inizio infezione, mentre a una settimana di distanza risultava già asintomatica e clinicamente guarita. Allo studio non hanno preso parte i pazienti che presentavano un quadro severo, come quello della MIS-C( sindrome Kawasaky Like).

mercoledì 17 marzo 2021

SERVE IL SIEROLOGICO PRIMA DEL VACCINO PER VALUTARE EVENTI AVVERSI

 


“Ad oggi i vaccini sono l’unico strumento per superare la pandemia ma non si può vaccinare a tappeto, senza conoscere lo stato immunitario e sierologico dei soggetti. L’eventuale presenza di anticorpi da Covid-19 in chi ha già contratto il virus, spesso senza esserne a conoscenza, potrebbe infatti escludere ogni beneficio del vaccino e comportare, invece, una pericolosa risposta immunitariaInoltre chi è stato già colpito dal virus sviluppa un’immunità molto più duratura di quanto non si afferma oggi. Per questo è necessario che si valuti con un test sierologico l’eventuale presenza di anticorpi prima di praticare una vaccinazione che, nella migliore delle ipotesi, sarebbe inutile ed avrebbe sottratto un vaccino a chi ne ha bisogno”. È quanto afferma Claudio Giorlandino, direttore scientifico del Centro Ricerche Altamedica di Roma.

“Come emerge dalla letteratura scientifica chi ha contratto il virus ed è guarito ha sviluppato un’immunità completa e la possibilità di ricontagiarsi o ammalarsi costituisce una rara eccezione, nella fattispecie riportata un solo caso su centinaia di milioni (1. Zucman N et al. Clin Infect Dis. 2021 Feb 10)- prosegue l’esperto- Gli studi, con tutti limiti dovuti al breve lasso di tempo intercorso dall’inizio della pandemia, rilevano che chi ha avuto l’infezione è protetto e non contagioso per almeno 8 mesi (2. Hartley GE et al. Sci Immunol. 2020 Dec), senza considerare che se gli anticorpi scomparissero la protezione sarebbe assicurata dalle cellule di memoria pronte a ricostruirli in caso di nuovo contatto con il virus. La questione interessa un’enorme fetta di popolazione: oltre il 50% dei soggetti contrae il virus e guarisce senza accorgersene e, se contiamo i quasi 3 milioni di vaccinati, in Italia sono almeno 10 milioni le persone non infettive e non infettabili, per le quali non ha senso limitare le libertà personali, e che invece potrebbero dotarsi di un certificato sierologico”.

“In questo contesto si inserisce il gran numero di eventi avversi che si stanno verificando, determinando la fuga dalle vaccinazioni, e che devono essere evitati con un più razionale impiego dei vaccini- spiega ancora Giorlandino- Perché ci sono queste forti risposte infiammatorie e si muore di infarto e trombosi dopo i vaccini? L’attenzione si concentra sull’esagerata risposta anticorpale che colpisce, come una tempesta immunoglobulinica, chi è già protetto da una precedente immunizzazione (soprattutto soggetti ignari di essere stati infettati e guariti). La letteratura scientifica internazionale (3. Nature Microbiology volume 5, pages 1185-119, 2020) tira in ballo il meccanismo Antibody-Dependent Enhancement (ADE), che potrebbe determinare addirittura un aumento della aggressività e virulenza del virus invece di proteggere l’organismo vaccinatoPer evitare tali eventi avversi e non sprecare dosi di vaccini, sembra necessario effettuare prima della vaccinazione uno screening sierologico con tecnica di immunocromatografia per rilevare l’eventuale presenza di anticorpi. È evidente che non si vaccina per un virus già contratto, che sia influenza stagionale, epatite, rosolia. È infatti escluso ogni beneficio per chi ha avuto il virus inoculato, anzi si rischia una impropria e pericolosa risposta immunitaria”.

 

Tratto da Agenzia Dire 16 Marzo 2021

domenica 7 marzo 2021

VITAMINA D COME IMMUNOMODULATORE

 


Sebbene manchi la prova diretta di un legame tra i livelli di vitamina D e l'incidenza o gli esiti di covid-19, esistono prove indirette di un ruolo immunomodulatore della vitamina D nelle infezioni respiratorie. La pandemia covid-19 ha portato a molte affermazioni infondate e a volte anche esagerate sui possibili trattamenti contro il virus. Una controversia di alto profilo è stata il ruolo della vitamina D nella prevenzione e nella gestione del covid-19, quindi le linee guida rapide del National Institute for Health and Care Excellence (NICE), della Public Health England e del Scientific Advisory Committee on Nutrition sono tempestive. La guida congiunta conclude che ci sono poche prove valide sulla vitamina D e sul covid-19, evidenzia la necessità di ulteriori ricerche e supporta il parere del governo esistente secondo cui adulti e bambini nel Regno Unito dovrebbero assumere 10 μg (400 UI) al giorno tra ottobre e Marzo, per ottimizzare la salute muscolo-scheletrica