giovedì 25 febbraio 2010

Studio sugli effetti di medicinali omeopatici sul tumore al seno


Una ricerca condotta da Moshe Frenkel dell'Integrative Medicine Program-Unit del Department of Molecular Pathology dell'University of Texas M.D. Anderson Cancer Center (Houston) ha valutato l'efficacia di alcuni medicinali omeopatici nel contrastare la crescita delle cellule del tumore al seno.
http://www.spandidos-publications.com/ijo/36/2/395
L’ articolo, pubblicato sull'International Journal of Oncology, evidenzia “elevati effetti citotossici”dei rimedi omeopatici testati in laboratorio su due linee cellulari di adenocarcinoma e su una linea di cellule sane derivate da epitelio mammario umano (HMLEI ).I ricercatori hanno rilevato che l'azione dei rimedi omeopatici sembra simile a quella del paclitaxel, un chemioterapico usato per trattare il tumore al seno, mentre non sono stati riscontrati effetti tossici sulle cellule normali.
L'esperimento e' stato ripetuto piu’ volte per ciascun rimedio testato: Carcinosin, Conium maculatum, Phytolacca decandra e Thuja occidentalis e gli effetti maggiori, riferiscono gli autori, sono stati registrati con Carcinosin e Phytolacca .Gli autori concludono affermando che "i rimedi omeopatici ultra-diluiti testati in questo studio sono promettenti", anche se naturalmente "sono necessari ulteriori sperimentazioni in vitro", per verificarne gli effetti.
Cytotoxic effects of ultra-diluted remedies on breast cancer cells
Authors: Moshe Frenkel, Bal Mukund Mishra, Subrata Sen, Peiying Yang, Alison Pawlus, Luis Vence, Aimee Leblanc, Lorenzo Cohen, Pratip Banerji, Prasanta Banerji
February 2010 Vol 36 number 2
Pages: 395-403
Affiliations: Integrative Medicine Program-Unit 145, The University of Texas M.D. Anderson Cancer Center, Houston, TX 77030-4009, USA. frenkelm@netvision.net.il
Elena Bosi,pediatra Milano

mercoledì 17 febbraio 2010

AUTISMO E ABBRACCI


Roma, 12 feb. (Adnkronos Salute) - Un ritardo durante le fasi cruciali dello sviluppo del cervello, quando il bimbo è ancora nell'utero materno, potrebbe spiegare perché le persone malate di autismo non gradiscono gli abbracci. Lo hanno scoperto i ricercatori dell'università di Edimburgo (Scozia), che ne parlano sulla rivista 'Neuron'.Gli esperti hanno studiato alcuni topi con la sindrome dell'X fragile, una malattia genetica causata dalla mutazione del gene FMR1 sul cromosoma X, evidenziando che le connessioni nervose nella zona del cervello detta corteccia sensoriale, cui fanno capo le emozioni legate al tatto, si formano in ritardo. Secondo gli studiosi, queste alterazioni possono trovarsi anche nei pazienti autistici e possono spiegare il motivo per cui i malati odiano il contatto fisico con le altre persone. Inoltre, la ricerca ha rilevato per la prima volta che il problema compare prima di quanto si pensasse, cioè già nell'utero materno, e potrebbe portare all'elaborazione di nuove e più precoci terapie.

Elena Bosi, pediatra
Milano

domenica 14 febbraio 2010

L’incapacità del mondo omeopatico di descrivere i propri successi


La fibromialgia è un complesso quadro patologico che vede il frequente e gratificante ricorso al trattamento omeopatico. Perry R. et al. (del Department of Complementary Medicine, Peninsula Medical School, Exeter, Devon, UK) hanno recentemente pubblicato un articolo dal titolo “A systematic review of homoeopathy for the treatment of fibromyalgia” (qui) con lo scopo di valutare criticamente i Trials clinici randomizzati (RCTs) relativi al trattamento omeopatico di questa patologia.
Sono stati individuati quattro RCTs. Tre erano studi placebo – controllo. Nessuno degli studi pubblicati (invariabilmente favorevoli alla terapia omeopatica) era tecnicamente privo di vizi metodologici. Questa errata impostazione ne impedisce pertanto l’accoglimento da parte della comunità scientifica, permanendo quindi invariati i dubbi sull’efficacia terapeutica di questo approccio nella patologia oggetto di studio.
Ci troviamo così ancora una volta di fronte al binomio: verifica dell’efficacia terapeutica dell’approccio omeopatico in una specifica patologia testata ambulatorialmente da parte dei professionisti della disciplina, incapacità del mondo omeopatico di elaborare e pubblicare convincenti studi allineati con gli standard qualitativi richiesti dalla comunità scientifica finalizzati a mostrare l’efficacia dell’approccio terapeutico.
Quando si riuscirà a superare questa dicotomia?
G. Di Leone – Medico - Bari

mercoledì 3 febbraio 2010

Piante medicinali in Sardegna

Piante medicinali in Sardegna” (Edizioni Ilisso, 2009) di Enrica Campanini, è un’opera di taglio medico sulla flora sarda - in cui non mancano notazioni culturali e demoetnoantropologiche - articolata in 130 schede monografiche (592 pagine) relative alle piante medicinali in uso nella tradizione popolare sarda.
Per ogni pianta è delineato un itinerario ideale che ne descrive il suo utilizzo nei secoli, secondo l’approccio medico, fino ad arrivare all’attuale impiego clinico. Nella sezione “Tossicità ed effetti secondari” sono descritti gli eventuali effetti collaterali, le possibili interazioni e tossicità. Nelle sezioni “Forme farmaceutiche”, “Posologia” e “Formulazioni” si segnalano le ricette di uso comune e di comprovata efficacia. Nelle voci “Medicina popolare” e “In Sardegna” si confrontano affinità e differenze tra la medicina empirica “continentale” e quella “insulare”. Un´ulteriore approfondimento è costituito dalla sezione “Curiosità”, notizie di carattere letterario, folklorico ed etno-antropologico. Completano l´opera il “Glossario dei termini medici”, il “Dizionarietto biografico” e la ricca bibliografia. Le immagini, molto belle e curate da Nelly Dietzel, sono oltre 600: le piante sono ambientate in scorci naturalistici e paesaggistici sardi di rara bellezza.

lunedì 1 febbraio 2010

Una tisana dal Brasile...

Una tradizionale tisana alla “menta”, tipica del Brasile, sarebbe efficace nell’alleviare il dolore al pari di molti farmaci antidolorifici. E’ quanto emerge da uno studio effettuato presso la Newcastle University e diretto da Graciela Silva Rocha.
Hyptis crenata Pohl. (menta brasiliana) è tradizionalmente utilizzata dai guaritori latino-americani per curare mal di testa, febbre e influenza. Ricerche effettuate presso la Newcastle University ne hanno dimostrato, grazie a sperimentazioni effettuate su cavia, la validità. La ricerca attualmente è orientata a scoprire i componenti e i meccanismi d’azione della pianta. Il team di Newcastle, inoltre, ha condotto in Brasile un'indagine per scoprire come questa tisana venga normalmente preparata e in quale quantità essa sia consumata. La dott. Rocha ha segnalato che quando la menta è stata somministrata ad una dose simile a quella prescritta dai guaritori tradizionali, è risultata efficace nell’alleviare il dolore al pare dell’indometacina (farmaco antinfiammatorio non steroideo, o FANS). I risultati di questo studio, pubblicati sulla rivista Acta Horticulturae, sono stati presentati al 2° International Society for Horticultural Science (New Delhi, agosto 2009) (tratto da: fitonews)
Enrica Campanini, medico, Firenze