domenica 30 gennaio 2011

Guerra ai pidocchi


E’ stata realizzata una ricerca da autori australiani associati a Parassitology Section, School of Chemistry e Molecular Biosciences e Uni_Quest Pty,Ltd, University of Queensland, St Lucia, Queensland, Australia sull’efficacia e sicurezza di tre prodotti ad azione pediculocida.
Si tratta di un prodotto costituito da olio di melaleuca e da olio di lavanda (TTO/LO), di uno contenente piretrine e piperonil butossido (P/PB) ed infine di un prodotto che agisce per soffocamento dei pidocchi.
Lo studio clinico comparativo a gruppi paralleli, randomizzato e valutato in cieco, ha preso in considerazione 123 soggetti con pidocchi vivi.
L’utilizzo dei prodotti ha seguito le norme di istruzione dei fabbricanti: TTO/LO e il prodotto per soffocamento sono stati applicati tre volte al giorno a intervalli settimanali( i gg 0, 7, 14 ), mentre il prodotto P/PB è stato usato due volte ( i gg 0, 7 ).
Il controllo sui pidocchi vivi o sulla loro assenza, eseguito il giorno dopo l’ultima applicazione, ha evidenziato che la percentuale di individui senza pidocchi vivi sottoposti a trattamento con TTO/LO ( 41/42, 97,6% ) o con prodotto a “soffocamento” ( 40/41, 97,6% ) era significativamente maggiore rispetto a quella dei soggetti sottoposti a trattamento con P/PB ( 10/40, 25,0%; p < 0,0001 ) esaminati nelle stesse condizioni.
Secondo gli AA, tale studio mette in evidenza quanto l’utilizzo di prodotti a base di olio di melaleuca e olio di lavanda o di prodotti ad azione soffocante, data la loro comprovata efficacia, possa essere una valida alternativa all’uso di prodotti a base di piretrine.
( BMC Dermatol 2010; 10 ( 1 ) : 6 )

Paola Nannei Viganò, pediatra Milano

mercoledì 26 gennaio 2011

Mangiare bene fa vivere piu' a lungo, ecco le prove


Roma, 22 dic. (Adnkronos Salute) - Le principali cause di morte una volta erano le malattie infettive, ora solo i disturbi cronici come le malattie cardiovascolari e il cancro. Problemi che possono essere fortemente influenzati dalla dieta. In uno studio pubblicato nel numero di gennaio 2011 del 'Journal of the American Dietetic Association', i ricercatori del Dipartimento di nutrizione e scienze degli alimenti dell'università del Maryland (Usa) forniscono prove concrete del fatto che mangiare bene fa vivere più a lungo: hanno analizzato i dati sulle abitudini a tavola e la mortalità relativi a un decennio in un gruppo di oltre 2.500 anziani tra i 70 e i 79 anni, scoprendo che le diete ricche di alcuni alimenti sono associate a una riduzione dei decessi. Entro il 2030, si stima che saranno 973 milioni gli adulti con più di 65 anni in tutto il mondo. L'obiettivo di questo studio era determinare quali siano le abitudini alimentari che facciano vivere più a lungo, e soprattutto meglio, le persone. Determinando la frequenza di consumo di 108 cibi diversi, i ricercatori hanno quindi diviso i partecipanti in sei gruppi, appunto in base alle scelte alimentari predominanti: alimenti sani (374 partecipanti); prodotti lattiero-caseari ad alto contenuto di grassi (332); carne, cibi fritti, e alcol (693); cereali per la prima colazione (386); cereali raffinati (458); dolci (339). Dopo aver controllato i dati tenendo conto di sesso, età, razza, educazione, attività fisica, fumo e assunzione totale di calorie, è emerso che il gruppo che consuma molti prodotti lattiero-caseari ha un rischio di mortalità superiore del 40% rispetto al cluster alimenti sani. Il gruppo 'dolci', invece, corre un pericolo del 37% più alto. Nessuna differenza significativa nel rischio di mortalità è stata infine osservata tra i gruppi 'cibi sani' e 'cereali per la colazione' o 'cereali raffinati'.Secondo l'autore principale dell'indagine, Amy Anderson, "i risultati di questo studio suggeriscono che gli anziani che seguono un regime alimentare coerente con le attuali linee guida e consumano dunque quantità relativamente elevate di verdure, frutta, cereali integrali, latticini a basso contenuto di grassi, pollame e pesce, possono avere un minor rischio di mortalità. Poiché una notevole percentuale di anziani in questo studio ha seguito il modello alimentare 'cibi sani', l'adesione a questa dieta appare una raccomandazione fattibile e realistica per una maggiore sopravvivenza e una migliore qualità della vita, nella crescente popolazione anziana".
"Quotivadis" info@univadis.it23/12/10
Elena Bosi, pediatra Milano

domenica 23 gennaio 2011

Esposizione a televisione e videogiochi e sviluppo di disturbi dell’attenzione


La permanenza davanti alla televisione è stata associata a una maggior comparsa successiva di disturbi dell’attenzione nei bambini. Pochi studi hanno esaminato la possibilità di un’associazione analoga tra videogiochi e problematiche attentive, ma nessuno di essi ha impiegato un protocollo longitudinale.
E’ stata studiata, in un intervallo di 13 mesi, una popolazione di 1323 bambini appartenenti alla media infanzia, attraverso il rapporto da parte loro e di genitori circa l’esposizione alla televisione e ai videogiochi come pure attraverso la segnalazione di disturbi dell’attenzione da parte dei loro insegnanti.
Un altro campione di 210 partecipanti in età tardo-adolescenziale o in giovane età adulta ha fornito un auto rapporto su esposizione a televisione e videogiochi e disturbi dell’attenzione.
Dallo studio è emerso che l’esposizione alla televisione e videogiochi si associava a maggiori disturbi dell’attenzione. L’associazione tra televisione e videogiochi e disturbi attentivi a metà infanzia è rimasta significativa anche dopo controllo statistico per i disturbi più precoci dell’attenzione e il sesso.
Le associazioni tra mezzi visivi e disturbi dell’attenzione sono state simili per i vari tipi di mezzi (televisione o videogiochi) ed età media (media infanzia o tarda adolescenza/giovane età adulta).
La ricerca sui potenziali fattori di rischio per i disturbi dell’attenzione dovrebbe essere ampliata in modo da comprendere, in aggiunta alla televisione, i videogiochi.

Edward L. Swing, Douglas A. Gentile, Craig A. Anderson, David A. Walsh
Pediatrics Volume 126, Nr. 2, Agosto 2010: 214-221.

mercoledì 19 gennaio 2011

Steroidi inalatori e rischio di reazioni avverse psichiatriche.


I cortisonici somministrati per via inalatoria o intranasale possono causare effetti indesiderati di tipo psichiatrico,tra cui iperattività psicomotoria, disturbi del sonno, ansia , depressione e aggressività(in particolare nei bambini). L’avvertenza è stata pubblicata nel settembre 2010 su Drug Safety Updates, newsletter dell’agenzia regolatoria inglese dei medicinali( Medicines and Healthcare products Regulatory Agency, MHRA ), in seguito a una revisione dei dati riguardanti questa classe di medicinali.
L’agenzia inglese invita dunque i medici a prestare attenzione anche ai possibili effetti indesiderati psichiatrici e non solo a quelli sistemici (per esempio soppressione surrenalica , immunosoppressione).
Tratto da Quaderni ACP 2010,Vol 17 n°5
Elena Bosi, pediatra Milano

sabato 15 gennaio 2011

Antinfluenzale e reazioni avverse


L’eccesso di convulsioni febbrili segnalate in Australia dopo la somministrazione del vaccino contro l’influenza stagionale (che contiene anche il ceppo H1N1 /2009) ha fatto decidere alle autorità sanitarie d’interrompere la vaccinazione nei bambini di età inferiore ai 5 anni. L’osservazione di un numero insolito di episodi di narcolessia dopo vaccino antipandemico ha indotto a sospendere la vaccinazione nei soggetti da 5 a 16 anni. Lo stesso fenomeno è stato segnalato in Svezia e in minor numero anche in Francia, Germania e Norvegia.Sono in corso indagini per verificare l’esistenza di un nesso causale. Questi episodi confermano l’importanza di un’attenta sorveglianza delle reazioni avverse ai vaccini e di un approfondimento con studi adeguati dei segnali derivati dai dati routinari. In particolare per l’antinfluenzale nei bambini , per la quale la Cochrane ha segnalato informazioni insufficienti sulla sicurezza(Jefferson T, Rivetti A,Hamden A.Vaccines for preventing influenza in healthy children.Cochrane Database of Sistematic Reviews,2008.)
Tratto da quaderni ACP 2010;17(5):226
Elena Bosi pediatra Milano

lunedì 10 gennaio 2011

Dolci si' ma anticancro, le ricette dell'Istituto tumori di Milano


Milano, 23 dic. (Adnkronos Salute) - Sulla tavola di Natale via libera ai dolci, purché anticancro. Le ricette per coniugare gola e salute arrivano dall'Istituto nazionale tumori di Milano, che nell'ambito del progetto 'Diana' per la prevenzione oncologica a tavola ha organizzato un corso di pasticceria natalizia al quale hanno partecipato 20 signore ed alcuni mariti. Nella cucina del Campus Cascina Rosa - teatro della scuola di gastronomia antitumorale, lanciata dall'Int per insegnare alle donne come evitare il cancro del seno anche a tavola - profumo di buccellati, biscottini alle mandorle, strudel di frutta secca e torroncini. Tutti reinterpretati in chiave salutistica. Il segreto? Banditi uova, latte, burro e zucchero che rischiano di trasformarsi in 'benzina' per i tumori. Al loro posto olio d'oliva, frutta fresca e secca, latte di riso. Ecco la proposta più semplice degli chef anticancro: "Impastare la farina di mandorle con un pizzico di sale e con la polpa di mela cotta. Farne delle palline da cuocere al forno per 10 minuti".I corsi di Cascina Rosa - ricorda in una nota l'Irccs di via Venezian - affrontano vari argomenti: come comporre un pasto in maniera corretta, come integrare proteine animali e vegetali, come evitare gli errori nutrizionali più comuni. Per poi passare alle ricette vere e proprie per zuppe e minestre, piatti con cereali integrali e legumi. Gli esperti insegnano inoltre a fare la spesa e offrono approfondimenti 'monografici' su vari alimenti: pesce, marmellate, pane. Se è vero che alcuni tumori sono ereditari - sottolinea l'Istituto nazionale tumori di Milano - nella maggior parte dei casi sono causati da fattori ambientali come il fumo, una dieta sbagliata, l'inquinamento, il contatto con particolari sostanze chimiche. In tutti i casi è l'organismo di ognuno che stabilisce il destino delle cellule tumorali, se dovranno crescere o morire. Proprio come una pianta, precisano gli oncologi, un tumore progredirà soltanto se troverà nel 'terreno' del nostro organismo sostanze che lo nutrano (i fattori di crescita); se sarà in grado di indurre la formazione di vasi sanguigni che possano alimentarlo e ossigenarlo, e se le naturali difese immunitarie saranno tanto deboli da fallire. Studi scientifici hanno dimostrato per esempio che donne con livelli alti nel sangue di ormoni sessuali, di insulina e di Igf-I (fattore di crescita insulino-simile di tipo 1) si ammalano di più e se si sono già ammalate hanno più frequentemente ricadute della malattia, perché l'abbondanza di questi fattori consente a eventuali cellule tumorali di moltiplicarsi. Ma siccome la composizione del nostro sangue, del nostro ambiente interno, può essere modificata dal cibo e dallo stile di vita, avvertono gli specialisti, cambiare abitudini può contribuire a ridurre il rischio di ammalarci. E se ci siamo già ammalati, convertirsi a una vita sana può aiutare le terapie ad avere successo. Conclusioni condivise dal Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (Wcrf), la cui missione è promuovere la prevenzione primaria dei tumori attraverso la ricerca e la divulgazione della conoscenza sulle loro cause.
info@univadis.it 24/12/2010

Elena Bosi, pediatra Milano