mercoledì 26 gennaio 2022

CORBEVAX : VACCINO ANTI-COVID PER IL MONDO SENZA BREVETTI

 


Mentre il mondo aspetta il mese di marzo con ansia, data in cui la farmaceutica Pfizer ha promesso di rilasciare un  vaccino “tagliato” su Omcron , una notizia potenzialmente essenziale  è passata sotto silenzio. A Houston una microbiologa italo-honduregna , Maria Elena Bottazzi, co-direttrice del Centro per lo sviluppo dei vaccini del Texas Children's Hospital e Baylor College of Medicine, ha contribuito a creare “il vaccino anti-Covid per il mondo”. Si tratta di Corbevax un vaccino sviluppato con tecniche “tradizionali”, simile a quello che utilizziamo contro l'epatite B, che  arriva senza brevetti e un costo estremamente ridotto . Pensato per fornire un aiuto concreto ai Paesi che in questo momento dipendono interamente  dalla “beneficienza” dell'Occidente, che molto spesso fa arrivare troppo prossimi alla scadenza. Perché dunque così poca pubblicità a questo vaccino, e possiamo aspettarci di vederlo in Italia? Lo abbiamo chiesto al dottor Vittorio Agnoletto, medico e docente a contratto di Globalizzazione e Politiche della Salute Università di Milano, coordinatore della campagna europea “ No profit on pandemic ”. Corbevax sta  aspettando l'ok definitivo dall'Organizzazione mondiale della Sanità, ma si sono già presi accordi per la produzione in India, Indonesia, Sudafrica e Botswana. Senza brevetti il ​​costo di produzione è inferiore ai due dollari e alla portata di tutti . Corbevax è pensato per i paesi più poveri, ma da noi potrebbe arrivare? «La dottoressa Bottazzi ha confermato – spiega Agnoletto – che loro presenteranno i documenti ad EMA e FDA, ma abbiamo un problema: la necessità di avere un partner in Europa e USA che produca questo vaccino. Loro dicono che sia efficace su tutte le varianti e nelle settimane che avranno risultati anche su Omicron. Perché non ci sono aziende che corrono in cerca di una partnership? La risposta è che non c'è interesse per il business . La domanda che io mi pongo è: ci stiamo muovendo in un mercato chiuso che deve essere controllato per forza dalle aziende di Big Pharma? Qualora non ci sia un'azienda partner che decida di produrlo e la produzione avvenga per esempio in India, l'Ema darà l'autorizzazione a importante e usare un vaccino non prodotto in Ue o USA?». Sin dall'inizio della pandemia esperti e scienziati ci hanno tenuto a ricordare che senza una distribuzione equa di vaccini e cure, uscire dall'emergenza si sarebbe rivelato molto complesso. Il principio è noto a tutti: dove Covid-19 si diffonde senza barriere, si sono prodotte varianti e queste ultime hanno ormai sempre più alte possibilità di sfuggire ai vaccini costruiti sul “prototipo iniziale del virus. L'ondata di Omicron, che percorre il mondo intero, lo sta dimostrando. Per arrivare anche nei paesi con meno mezzi, però, si deve operare un trasferimento di conoscenze e tecnologie, non solo di prodotti. A questa punta Corbevax. Mi risulta che abbiano  già accordi per produrre 100 milioni in di dosi al mese in India».

Il coordinatore di “No profit on pandemic ” delinea una parte di mondo abbandonata a sé stessa e l'altra «totalmente dipendente da Big Pharma da cui dovrà acquistare vaccini, tramite aziende che si muoveranno in logica oligopolistica, con due o tre che potranno orientare il mercato in tutti i sensi . Il costo ma anche il tipo di vaccino: siamo così certi che Pfizer e Moderna non continueranno a usare il vaccino vecchio piuttosto che creare quello adatto ad omicron perché hanno dei fondi magazzino da esaurire?», è la sua provocazione . Intanto da Unione europea e Stati Uniti l'approccio verso il Sud del mondo è ancora lo stesso:  donazioni di vaccini, in surplus o scartati dagli stati donatori. Di qualche tempo fa la storia dei campioni di AstraZeneca , pronti per essere invitati ma ancora fermi e a rischio di scadere. A inizio anno un'inchiesta dell'Osservatore Romano ha portato alla luce nuovamente donazioni troppo vicine alla scadenza che i riceventi , Africa  e Asia principalmente, mentre sono costretti a rifiutare per l'impossibilità di metterli in uso prima della scadenza, viste le difficoltà organizzativo e tecnologico. «Non è un caso isolato – continua Agnoletto – la storia degli ultimi anni è piena di donazioni che le grandi aziende fanno di farmaci al Sud del mondo quando sono prossimi alla scadenza per vari motivi. Perché in quel modo ottengono  degli sgravi fiscali , facendo risultare tutte  queste come donazioni e non hanno il problema dello smaltimento, che scaricano sui paesi più poveri. Una prassi che si è riprodotta con i vaccini . I paesi riceventi devono avere i tempi necessari per gestire la distribuzione e la logistica dei vaccini, non avendo gli stessi vantaggi di quelli occidentali. Ad Agnoletto abbiamo chiesto quali sono i prossimi passi per gestire l'emergenza in maniera più avveduta di quanto accaduto finora, anche guardando alle nostre pandemie. «Siccome è molto probabile che nel prossimo futuro ci saranno nuove pandemie per arrivare a una  grande azienda farmaceutica pubblica a dimensione europea . Un'azienda pubblica fa tre cose fondamentali: non costruisce profitto e può tenere i prezzi più bassi, si occupa delle malattie dimenticate, orienta anche la ricerca. Questi vaccini ad mRna quando sono stati presentati avevano come endpoint la capacità di bloccare il passaggio dall'infezione alla malattia, non erano stati testati sulla capacità di bloccare  la trasmissione del virus. Un'azienda pubblica avrebbe messo questo come punto iniziale», è il primo punto del coordinatore di “No profit on pandemic”. Il secondo riguarda una comunicazione più corretta e trasparente . Nel primo caso, specie sul vaccino, Agnoletto ricorda i tanti  errori fatti : in primis  assicurare che la trasmissione del virus sarebbe stata evitata con il vaccino, affermazione che poi ha fornito tanto spazio alla polemica no vax quando è stato dimostrato che non era corretta. «Io non credo – aggiunge – che sia opportuno limitare i dati di informazione che vengono distribuiti, che bisognerebbe dare  in modo più serio: è vero che non tutti i positivi  entrano per questioni legate  al  Covid e poi alcuni si scopre che sono positivi in ​​ospedale . Bisogna dare questi dati che forniscono un punto di partenza per i ricercatori indipendenti, anche per individuare problemi e studiare nuove soluzioni».

E sulla trasparenza? «Sarebbe corretto – concludere – che i vari ricercatori e le istituzioni che vanno in televisione dichiarino i conflitti d'interesse. L'essenziale è trasparente. In Italia il peso di Big Pharma è molto grande, sia nel mondo politico che nella comunicazione».

Tratto da Newsletter di Sanità  Informazione del 25 gennaio '22

Nessun commento: