(Articolo di Corina Güthlin - Centro di valutazione delle CAM dell'Università di medicina di Friburgo - Istituto di medicina generale dell'Università JW Goethe di Francoforte - comparso sull'ultimo numero della rivista Homeopathy (2009) 98, 135-136 )
"Essendo tornata di recente da una conferenza dedicata alle CAM (Complementary and Alternative Medicine), mi sono accorta, ancora una volta, quanto possa essere interessante conoscere ciò che accade sulla scena internazionale. Anche se i modelli sanitari e i concetti di integrazione delle CAM nella medicina ortodossa discussi in altri Paesi non sono applicabili nel mio (ad esempio per motivi giuridico-legislativi), trovo sempre utile e incoraggiante ascoltare i pareri e le esperienze di colleghi che lavorano in altre realtà.
Ciò premesso, devo però fare una confessione: interrogata sulla ricerca in omeopatia (e anche nell’ambito di altere medicine complementari), mi vengono subito in mente studi condotti in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e occasionalmente in Svizzera o in Germania. Questa “mappa della ricerca” sedimentata nella mia testa non è per niente internazionale ed è prova di un orizzonte piuttosto ristretto. Per questa ragione, dunque, ho letto con grande piacere una serie di quattro studi sull’omeopatia, pubblicati sulla rivista Homeopathy e realizzati in Italia.
Il processo di integrazione in Italia
Il primo lavoro consiste nella presentazione del programma che garantisce l’integrazione delle medicine complementari nel sistema sanitario pubblico della regione Toscana attraverso la definizione di provvedimenti legislativi riguardanti la pratica delle suddette terapie. Esso mostra in modo efficace e discorsivo il percorso che ha condotto a questo risultato, partito con una conferenza che dimostrava l’importanza di queste medicine a politici e stakeholders fino alla definizione di una task force cui è stato affidato il compito di identificare le strategie atte a conseguire l’integrazione. Alla fine del percorso è stata concordata anche la presenza di un rappresentante delle medicine complementari in ogni ASL, nel Consiglio dei sanitari della regione Toscana e nella Commissione regionale di Bioetica.
Il secondo e il terzo lavoro si concentrano su condizioni patologiche specifiche e prendono in esame l’effetto dell’omeopatia in condizioni cliniche reali. Uno studio è intitolato “Valutazione di costi e benefici della terapia omeopatica versus terapia convenzionale nelle malattie respiratorie”. Si tratta di uno studio retrospettivo che ha riguardato 105 pazienti affetti da asma o infezioni respiratorie ricorrenti visitati presso un ambulatorio pubblico di omeopatia. Incastonato in questo studio osservazionale, un protocollo caso-controllo dove i dati riguardanti otto pazienti con asma e sedici con infezioni respiratorie ricorrenti trattati con l’omeopatia sono stati confrontati con quelli riguardanti rispettivamente sedici e 32 pazienti trattati con la medicina convenzionale. La conclusione più importante è che i costi dei farmaci dei pazienti del gruppo omeopatico diminuivano, mentre aumentava la spesa per i farmaci del gruppo trattato con terapie convenzionali.
L’altro lavoro è uno studio osservazionale sulle terapie omeopatica e convenzionale in pazienti affetti da neuropatia diabetica che mette a confronto i risultati, misurati con una scala sintomatologica, per la neuropatia diabetica e la qualità di vita di 32 pazienti trattati con omeopatia con quelli di 29 pazienti sottoposti a cure convenzionali. Gli autori concludono che gli outcomes della malattia sono comparabili nei due gruppi, ma che la qualità della vita aumenta soltanto nel gruppo omeopatia e che in questo stesso gruppo diminuiscono anche i costi.
Il quarto studio della serie fornisce una panoramica dell’applicazione della terapia omeopatica nel servizio sanitario pubblico con uno studio osservazionale condotto dal 1998 al 2005 presso l’ospedale Campo di Marte di Lucca, in Toscana. L’obiettivo di questo lavoro era di valutare la risposta al trattamento omeopatico in un ambiente clinico pubblico considerando tutti i pazienti visitati presso l’ambulatorio nell’arco di cinque anni e quattro mesi. Gli autori concludono che il 74% dei pazienti ha riportato almeno un miglioramento di tipo moderato e che i risultati migliori si rilevano nei soggetti più giovani e con una lunga storia di cure omeopatiche. I pazienti che hanno tratto maggiori benefici sono quelli affetti da patologie respiratorie, seguiti da quelle dermatologiche e gastrointestinali. Al contrario, i pazienti con problemi di tipo psicologico hanno mostrato miglioramenti meno significativi.
Tornando al tema da cui siamo partiti (l’interesse per la ricerca internazionale e l’apprendere da modelli di altri Paesi), mi è parso davvero istruttivo il fatto che gli autori abbiano dovuto affrontare un problema strutturale (la mancanza di armonizzazione fra le diverse legislazioni regionali) per alimentare il dibattito sulle medicine complementari. Dibattito che alla fine è approdato alla nomina dei rappresentati di queste medicine in posti di notevole responsabilità.
Tuttavia, a mio parere, i risultati degli studi osservazionali dicono più sul modello di integrazione piuttosto che ampliare il corpus delle prove di efficacia dell’omeopatia. Avrei preferito perciò studi più rigorosi sul piano metodologico oppure case- reports interessanti e incoraggianti su cui gli omeopati possano riflettere.
Ciò chiarito, mi congratulo di nuovo con i colleghi italiani per i successi conseguiti e mi auguro di imparare di più sui modelli di medicina integrata e sull’integrazione delle medicine complementari nei sistemi sanitari di altri Paesi del mondo.
Traduzione a cura di Mariella Di Stefano
Notiziario regionale Medicine complementari Regione Toscana
Ciò premesso, devo però fare una confessione: interrogata sulla ricerca in omeopatia (e anche nell’ambito di altere medicine complementari), mi vengono subito in mente studi condotti in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e occasionalmente in Svizzera o in Germania. Questa “mappa della ricerca” sedimentata nella mia testa non è per niente internazionale ed è prova di un orizzonte piuttosto ristretto. Per questa ragione, dunque, ho letto con grande piacere una serie di quattro studi sull’omeopatia, pubblicati sulla rivista Homeopathy e realizzati in Italia.
Il processo di integrazione in Italia
Il primo lavoro consiste nella presentazione del programma che garantisce l’integrazione delle medicine complementari nel sistema sanitario pubblico della regione Toscana attraverso la definizione di provvedimenti legislativi riguardanti la pratica delle suddette terapie. Esso mostra in modo efficace e discorsivo il percorso che ha condotto a questo risultato, partito con una conferenza che dimostrava l’importanza di queste medicine a politici e stakeholders fino alla definizione di una task force cui è stato affidato il compito di identificare le strategie atte a conseguire l’integrazione. Alla fine del percorso è stata concordata anche la presenza di un rappresentante delle medicine complementari in ogni ASL, nel Consiglio dei sanitari della regione Toscana e nella Commissione regionale di Bioetica.
Il secondo e il terzo lavoro si concentrano su condizioni patologiche specifiche e prendono in esame l’effetto dell’omeopatia in condizioni cliniche reali. Uno studio è intitolato “Valutazione di costi e benefici della terapia omeopatica versus terapia convenzionale nelle malattie respiratorie”. Si tratta di uno studio retrospettivo che ha riguardato 105 pazienti affetti da asma o infezioni respiratorie ricorrenti visitati presso un ambulatorio pubblico di omeopatia. Incastonato in questo studio osservazionale, un protocollo caso-controllo dove i dati riguardanti otto pazienti con asma e sedici con infezioni respiratorie ricorrenti trattati con l’omeopatia sono stati confrontati con quelli riguardanti rispettivamente sedici e 32 pazienti trattati con la medicina convenzionale. La conclusione più importante è che i costi dei farmaci dei pazienti del gruppo omeopatico diminuivano, mentre aumentava la spesa per i farmaci del gruppo trattato con terapie convenzionali.
L’altro lavoro è uno studio osservazionale sulle terapie omeopatica e convenzionale in pazienti affetti da neuropatia diabetica che mette a confronto i risultati, misurati con una scala sintomatologica, per la neuropatia diabetica e la qualità di vita di 32 pazienti trattati con omeopatia con quelli di 29 pazienti sottoposti a cure convenzionali. Gli autori concludono che gli outcomes della malattia sono comparabili nei due gruppi, ma che la qualità della vita aumenta soltanto nel gruppo omeopatia e che in questo stesso gruppo diminuiscono anche i costi.
Il quarto studio della serie fornisce una panoramica dell’applicazione della terapia omeopatica nel servizio sanitario pubblico con uno studio osservazionale condotto dal 1998 al 2005 presso l’ospedale Campo di Marte di Lucca, in Toscana. L’obiettivo di questo lavoro era di valutare la risposta al trattamento omeopatico in un ambiente clinico pubblico considerando tutti i pazienti visitati presso l’ambulatorio nell’arco di cinque anni e quattro mesi. Gli autori concludono che il 74% dei pazienti ha riportato almeno un miglioramento di tipo moderato e che i risultati migliori si rilevano nei soggetti più giovani e con una lunga storia di cure omeopatiche. I pazienti che hanno tratto maggiori benefici sono quelli affetti da patologie respiratorie, seguiti da quelle dermatologiche e gastrointestinali. Al contrario, i pazienti con problemi di tipo psicologico hanno mostrato miglioramenti meno significativi.
Tornando al tema da cui siamo partiti (l’interesse per la ricerca internazionale e l’apprendere da modelli di altri Paesi), mi è parso davvero istruttivo il fatto che gli autori abbiano dovuto affrontare un problema strutturale (la mancanza di armonizzazione fra le diverse legislazioni regionali) per alimentare il dibattito sulle medicine complementari. Dibattito che alla fine è approdato alla nomina dei rappresentati di queste medicine in posti di notevole responsabilità.
Tuttavia, a mio parere, i risultati degli studi osservazionali dicono più sul modello di integrazione piuttosto che ampliare il corpus delle prove di efficacia dell’omeopatia. Avrei preferito perciò studi più rigorosi sul piano metodologico oppure case- reports interessanti e incoraggianti su cui gli omeopati possano riflettere.
Ciò chiarito, mi congratulo di nuovo con i colleghi italiani per i successi conseguiti e mi auguro di imparare di più sui modelli di medicina integrata e sull’integrazione delle medicine complementari nei sistemi sanitari di altri Paesi del mondo.
Traduzione a cura di Mariella Di Stefano
Notiziario regionale Medicine complementari Regione Toscana
1 commento:
Finalmente un riconoscimento alla Ricerca! benfatto!
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