domenica 1 maggio 2016

IO E I MIEI ANTIBIOTICI

Uno psicologo che scrive di antibiotici sulle pagine di un blog di medicina omeopatica. Lo ammetto, la cosa può apparire decisamente insolita. Ma vi assicuro che non è come sembra!
Prendo spunto da un articolo (http://27esimaora.corriere.it/articolo/se-non-ce-parita-negli-antibiotici/) che mi è capitato di leggere su un quotidiano nazionale e che mi ha incuriosito. Dai dati di ricerca emerge che le donne assumono più antibiotici degli uomini: hanno in media il 27% in più di probabilità di vederseli prescrivere dai loro medici. Lo studio avanza alcune ipotesi ma quella che più mi ha colpito suona così “alcune ricerche suggeriscono che [le donne] sentano in modo più pressante la necessità di guarire in fretta per non venir meno al ruolo di caregiver”. Naturalmente una persona sana di mente che, dal parrucchiere, leggesse questo articolo probabilmente girerebbe pagina e proseguirebbe oltre. Ma, si sa, gli psicologi fanno questo lavoro proprio per curare se stessi e quindi tanto registrati non sono. E infatti eccomi qui a scrivere. Scherzi a parte, la notizia mi ha fatto riflettere. Negli studi spesso noi psicologi vediamo adulti in ansia e spesso questa ansia è amplificata dal senso di precarietà e di competizione della nostra società.
Noi e i nostri figli dobbiamo essere i migliori, dobbiamo essere sempre in forma, dobbiamo essere sani, belli e forti. Una mamma non può ammalarsi perché altrimenti “chi manderebbe avanti tutto?”. Viviamo alla ricerca della forma fisica perfetta, ricorriamo (e spesso rincorriamo) ai medici sperando che ci guariscano all’istante da ogni sintomo. Proprio non riusciamo ad accettare che, a volte, da soli non ce la possiamo fare e che farsi aiutare, magari da uno psicologo, non vuol dire essere dei falliti ma semplicemente abbastanza intelligenti da provare a stare meglio. Siamo spesso portati a pensare che la soluzione sia curarci da ogni male (fisico, psicologico o relazionale che sia) e che curarci significhi “togliere” questo male, eliminarlo definitivamente. A me pare decisamente impossibile in questi termini, un pensiero troppo onnipotente e dannoso. Forse la questione non è tentare a tutti i costi eliminare la malattia, ma prendersi cura di se con la malattia. Allora continueremo a curare i sintomi, a provare a stare meglio e  riusciremo anche a togliere alcuni sintomi con le cure giuste, ma questo non sarà più un imperativo: la nostra vita può essere bella anche se abbiamo qualche malattia o qualche difficoltà, anche se non siamo perfettamente sani, belli e produttivi. D’altro canto l’omeopatia stessa ci mostra come corpo e mente siano un’unica entità e come curarsi non significhi sopprimere il sintomo ma comprenderne il significato per arrivare a curare la causa sottostante (che può essere diversa da persona a persona) e a prendersi cura della persona nella sua interezza. E in questo omeopatia e psicologia hanno molto in comune e medici omeopati e psicologi potrebbero lavorare molto bene insieme. Chissà, magari cominciando proprio dalle pagine di questo blog! Cari lettori, dopo questa parentesi, concludo riprendendo il concetto di prima: non dobbiamo aver paura di farci aiutare nelle nostre difficoltà, non pensiamo che tutto si risolva con una gomma gigante capace di cancellare ogni problema, non sentiamoci dei falliti se da soli non ce la facciamo e abbiamo bisogno di aiuto, non pensiamo di dover essere super uomini e super donne. Prendiamoci cura di noi, del nostro corpo-mente e delle nostre relazioni.

Dr. Marco Bernardi, Psicoterapeuta

Milano

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