lunedì 15 luglio 2019

Le spezie aiutano il nostro intestino


Le spezie sono utilizzate da sempre per scopi alimentari e medicinali, praticamente in tutte le tradizioni etnobotaniche del pianeta. Varie droghe vegetali ottenute da una moltitudine di specie botaniche infatti, accanto a stimate proprietà organolettiche, esercitano anche benefici effetti sulla salute grazie alla particolare fitochimica che le caratterizza: note ed apprezzate le proprietà digestive, carminative ma anche antinfiammatorie, antidiabetiche e antimicrobiche, nonché le qualità di bioenhancer proprie di alcune di esse. Zenzero, pepe nero e pipli (Piper longum) costituivano ad esempio il Trikatu (letteralmente: "i tre acri" o "i tre pungenti"), miscela di spezie comunemente addizionata a moltissimi rimedi Ayurvedici proprio al fine di incrementarne biodisponibilità ed efficacia.
A proposito delle citate proprietà antimicrobiche, speso attribuibili a composti terpenici della frazione volatile, non si può oggi non considerare anche l'impatto che queste spezie possono avere sul microbiota intestinale(flora intestinale) la sua composizione e il suo metabolismo. Più di un lavoro ha mostrato in vitro capacità inibenti di specie batteriche proinfiammatorie, avvalorando invece proprietà eubiotiche verso popolazioni di bifidobatteri e lactobacilli per molte spezie, tra cui spiccano Zenzero e Curcuma.

Un recente ed interessante lavoro (Peterson CT, et al., 2019) indaga più approfonditamente i risvolti clinici dell'utilizzo di quattro diffusissime spezie (Curcuma longa, Zingiber officinale, Piper longum, Piper nigrum) su qualità e metabolismo delle specie anaerobie che compongono la nostra flora batterica. Lo studio ha rivelato che l'implementazione di ogni singola spezia è in grado di influire in modo significativo ed unico sulla composizione della microflora, mostrando una particolare firma metabolica dipendente sia dalla composizione relativa dei mono- e polisaccaridi contenuti sia dalle differenti altre specie fitochimiche, in grado di alterare in senso salutistico non solo la composizione delle specie presenti  ma anche e soprattutto il metabolismo collettivo della microflora.
Ad esempio la curcuma si è rivelata la spezia che stimola maggiormente le specie producenti butirrato e propionato mentre si è rivelata essere quella che genera le comunità meno funzionalmente connesse -segno questo di una elevata selettività verso alcuni. Questi effetti prebiotici vanno certamente ascritti nel novero delle attività biologiche delle spezie che utilizziamo in cucina e medicina: potremmo allora concludere, a ragion veduta, che le spezie migliorano la tavola non solo per il nostro palato e la nostra salute, ma anche per tutti i commensali che ad essa si accostano.
( Tratto da Fitoterapia 33 14/07/2019     Peterson CT, et al., Prebiotic Potential of Culinary Spices Used to Support Digestion and Bioabsorption, Evid Based Complement Alternat Med, 2019 )


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