Con andamento periodico vengono pubblicati lavori sulle principali riviste scientifiche tesi a ridurre l’efficacia delle medicine non convenzionali (provata quotidianamente da innumerevoli medici e pazienti in giro per il mondo) ad un esclusivo effetto placebo. Se è vero che per placebo si intende (come definito dal Dizionario Medico Dorland) “qualunque trattamento falso”, è evidente che questo tentativo tende a screditare l’efficacia di questi approcci terapeutici e la serietà professionale di chi li pratica.
Sono noti i frequenti attacchi che ha dovuto fronteggiare in tale senso l’omeopatia (basti ricordare, fra questi l’articolo di Shang et al. dal titolo “Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy” pubblicato nel 2005 sul Lancet). In questi giorni è stata pubblicata su alcune testate giornalistiche italiane la notizia che l’azione dell’Agopuntura sarebbe riferibile unicamente all’effetto placebo e che “l’importante per l’efficacia dell’Agopuntura è non dire al paziente che l’Agopuntura non funziona”.
Tutto ciò a seguito di un’errata interpretazione di due reviews sistematiche della letteratura scientifica mondiale pubblicate nella nuova versione del CD della Cochrane Collaboration, dedicate una all’agopuntura nelle cefalee di tipo tensivo (Linde K et al. “Acupuncture for tension-type headache”, Cochrane Database of Systematic Reviews 2009) e una all’agopuntura nella profilassi dell’emicrania (Linde K et al. “Acupuncture for migraine prophylaxis”, Cochrane Database of Systematic Reviews 2009).
Nel richiamare la puntuale replica diffusa dalla F.I.S.A., finalizzata a “ristabilire una verità scientifica, informare correttamente i pazienti che a questa medicina si affidano per la cura delle loro patologie e tutelare la dignità professionale dei circa 3000 medici agopuntori che operano in Italia”, segnalo anche gli interessanti spunti di riflessione sul concetto di scienza forniti da un lavoro pubblicato recentemente da Schmidt JM su The Journal of medical humanities, dal titolo “Is Homeopathy a Science? Continuity and Clash of Concepts of Science within Holistic Medicine”. L’autore, ricorda come vi siano due fondamentali radici che hanno influenzato lo sviluppo dei differenti approcci scientifici: da un lato i principi e le nozioni aristoteliche, che hanno determinato 2000 anni di storia della scienza occidentale, e dall’altro il moderno concetto di scienza naturale che ha dominato la storia della medicina per meno di 200 anni. Mentre la “scienza della vita” di Aristotele includeva ancora le dimensioni ontologiche e teleologiche nel tentativo di una interpretazione uniforme della natura, l’interesse della moderna scienza naturale si riduceva ad una spiegazione funzionale e causale di tutti i fenomeni di una natura dominante. Con l’obiettivo di prevenire future possibili catastrofi naturali e di restituire alle nostre vite le dimensioni perdute, si renderebbe perciò necessario controbilanciare la visione moderna della vita valorizzando nuovamente le categorie aristoteliche. Per questa strada, il terreno dovrebbe essere pronto, secondo Schmidt, a concepire i caratteri scientifici dell’omeopatia, in un più ampio, aristotelico senso.
Le domande quindi sono: le medicine non convenzionali sono un placebo (nel senso di “trattamenti falsi”)? O sono forse approcci terapeutici diversi rispetto ai paradigmi imposti (anche con indubitabile successo) dal moderno concetto di medicina, che rispettano principi più allineati alle nozioni aristoteliche della natura? E, se così fosse, non meriterebbero una differente attenzione, tesa non più a dimostrarne la “falsità” (nel senso di placebo) ma a ricercarne la reale efficacia secondo differenti approcci di analisi?
G. Di Leone – Medico - Bari
Sono noti i frequenti attacchi che ha dovuto fronteggiare in tale senso l’omeopatia (basti ricordare, fra questi l’articolo di Shang et al. dal titolo “Are the clinical effects of homoeopathy placebo effects? Comparative study of placebo-controlled trials of homoeopathy and allopathy” pubblicato nel 2005 sul Lancet). In questi giorni è stata pubblicata su alcune testate giornalistiche italiane la notizia che l’azione dell’Agopuntura sarebbe riferibile unicamente all’effetto placebo e che “l’importante per l’efficacia dell’Agopuntura è non dire al paziente che l’Agopuntura non funziona”.
Tutto ciò a seguito di un’errata interpretazione di due reviews sistematiche della letteratura scientifica mondiale pubblicate nella nuova versione del CD della Cochrane Collaboration, dedicate una all’agopuntura nelle cefalee di tipo tensivo (Linde K et al. “Acupuncture for tension-type headache”, Cochrane Database of Systematic Reviews 2009) e una all’agopuntura nella profilassi dell’emicrania (Linde K et al. “Acupuncture for migraine prophylaxis”, Cochrane Database of Systematic Reviews 2009).
Nel richiamare la puntuale replica diffusa dalla F.I.S.A., finalizzata a “ristabilire una verità scientifica, informare correttamente i pazienti che a questa medicina si affidano per la cura delle loro patologie e tutelare la dignità professionale dei circa 3000 medici agopuntori che operano in Italia”, segnalo anche gli interessanti spunti di riflessione sul concetto di scienza forniti da un lavoro pubblicato recentemente da Schmidt JM su The Journal of medical humanities, dal titolo “Is Homeopathy a Science? Continuity and Clash of Concepts of Science within Holistic Medicine”. L’autore, ricorda come vi siano due fondamentali radici che hanno influenzato lo sviluppo dei differenti approcci scientifici: da un lato i principi e le nozioni aristoteliche, che hanno determinato 2000 anni di storia della scienza occidentale, e dall’altro il moderno concetto di scienza naturale che ha dominato la storia della medicina per meno di 200 anni. Mentre la “scienza della vita” di Aristotele includeva ancora le dimensioni ontologiche e teleologiche nel tentativo di una interpretazione uniforme della natura, l’interesse della moderna scienza naturale si riduceva ad una spiegazione funzionale e causale di tutti i fenomeni di una natura dominante. Con l’obiettivo di prevenire future possibili catastrofi naturali e di restituire alle nostre vite le dimensioni perdute, si renderebbe perciò necessario controbilanciare la visione moderna della vita valorizzando nuovamente le categorie aristoteliche. Per questa strada, il terreno dovrebbe essere pronto, secondo Schmidt, a concepire i caratteri scientifici dell’omeopatia, in un più ampio, aristotelico senso.
Le domande quindi sono: le medicine non convenzionali sono un placebo (nel senso di “trattamenti falsi”)? O sono forse approcci terapeutici diversi rispetto ai paradigmi imposti (anche con indubitabile successo) dal moderno concetto di medicina, che rispettano principi più allineati alle nozioni aristoteliche della natura? E, se così fosse, non meriterebbero una differente attenzione, tesa non più a dimostrarne la “falsità” (nel senso di placebo) ma a ricercarne la reale efficacia secondo differenti approcci di analisi?
G. Di Leone – Medico - Bari
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