Con regolarità sconcertante, anche questo anno prima dell’estate arriva l’ormai consueta polemica contro l’omeopatia (qui). Ancora una volta a farsene carico sono i medici inglesi, che pure ospitano nella propria Nazione uno degli ospedali omeopatici più famosi e riconosciuti (il National Hospital for Homeopathy).
La British Medical Association ha approvato una mozione con la quale viene chiesta l’esclusione dei medicinali omeopatici dal Nhs, il Servizio sanitario nazionale, motivando questa richiesta con la presunta mancata dimostrazione di efficacia di questi medicinali. Al di là delle considerazioni sulla periodicità sistematica con la quale si perpetuano questi attacchi (con un’alternanza quasi scientifica con analoghi attacchi di parte della comunità medica italiana), rimangono due considerazioni, più volte rimarcate da questo blog:
1. In Italia operano attualmente circa 20.000 medici esperti in Medicina complementare (circa 10.000 sono omeopati) e secondo gli ultimi dati Istat (2005) sono 7,9 milioni gli italiani che fanno ricorso alle medicine non convenzionali (13,6% della popolazione). In considerazione dell’ampia diffusione di medici e di pazienti che ricorrono a queste terapie, sarebbe doveroso avviare un’ampia sperimentazione che consenta di stroncare definitivamente o, al contrario, di confermare l’efficacia di questo approccio terapeutico. È noto però che la sperimentazione si basa sulla disponibilità di risorse e che, a maggior ragione in periodi di crisi economica quali quello attualmente affrontato, è piuttosto improbabile che si rendano disponibili i fondi necessari (tanto più se consideriamo che la ricerca italiana si basa ormai, in larghissima misura, sui fondi resi disponibili dalle case farmaceutiche che certo non avrebbero interesse a finanziare studi scientifici in omeopatia).
2. Di contro, anche il mondo delle medicine complementari dovrebbe fare un maggior sforzo per cercare di allinearsi ai canoni di scientificità attualmente accettati. Continuare a mantenere un atteggiamento di distacco e di sufficienza certo non contribuisce a mantenere sereni gli animi e sicuramente non favorisce quel confronto indispensabile per il raggiungimento dell’unico obiettivo veramente condiviso da tutti: il benessere del paziente.
G. Di Leone – Medico - Bari
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