domenica 2 marzo 2014

Lo svenimento “procurato” (seconda parte)

Il collo è la parte più facilmente vulnerabile del corpo umano: è via obbligata di comunicazione bidirezionale cervello/ corpo, ma anche tra aria ed apparato respiratorio, ed anche via obbligata di accesso di alimenti e acqua.

In termini di essenzialità per la sopravvivenza, possiamo resistere, grosso modo:
5 minuti senz'aria
5 giorni senz'acqua
5 settimane senza cibo.

Vediamo bene che attraverso il collo passano tutte le connessioni indispensabili per il mantenimento della vita: esse sono respiratorie, circolatorie, nervose e legate alla nutrizione.


Le funzioni di trasporto dell'aria ai polmoni e quella di trasporto del'ossigeno al cervello sono quelle la cui interruzione può provocare molto rapidamente danni molto gravi.

Non a caso le tecniche per ottenere questo risultato sono parte integrante di numerose tecniche di lotta:
fra le arti marziali tradizionali che le contemplano ,le più note sono il Judo ed il Ju-jitsu.
Essendo metodi molto efficaci,vengono anche insegnate in sistemi di combattimento corpo a corpo di più recente sviluppo, quali MMA (Mixed Martial Arts), il Grappling, il Valetudo, ed in numerose metodiche volte all'autodifesa, come ad esempio il Krav Maga.

In tutti questi contesti, queste tecniche vengono insegnate da esperti ad allievi già parzialmente formati: le necessarie esercitazioni devono venir condotte in un contesto il più possibile controllato e sotto costante vigilanza da parte degli istruttori.
Sono infatti momenti in cui si mette letteralmente la propria vita nelle mani di un altra persona, o si ha in mano la vita di un altro.

Si distinguono  le azioni di soffocamento , attuate comprimendo laringe e trachea, da quelle di strangolamento propriamente dette, attuate riducendo il flusso di sangue diretto verso il cervello.

Le tecniche di soffocamento necessitano di una pressione 6 volte superiore a quella necessaria per l'occlusione di una arteria, e di un tempo di applicazione della forza generalmente attorno ai 2 minuti.
Sono estremamente pericolose perché possono produrre gravi danni traumatici (rotture di laringe/trachea, fratture dell'osso ioide), e ridurre a tal punto la perfusione cerebrale da produrre danni neurologici irreversibili da anossia.

Le tecniche di strangolamento agiscono invece sul cosiddetto triangolo carotideo: questa zona contiene strutture fondamentali alla sopravvivenza ed al corretto funzionamento delle funzioni cerebrali e corporee ( nervo vago, arterie carotidi, vene giugulari, seno carotideo...)
E'una zona molto vulnerabile, perché a proteggere queste strutture vi sono solamente il sottile muscolo platisma e uno strato di cute e grasso sottocutaneo.
Basta poca pressione (300 mm/Hg) , portata per 6-10 secondi, per provocare lo svenimento di un adulto.
La compressione sulle strutture nervose può provocare, poco prevedibilmente e di solito in persone predisposte, turbe del ritmo cardiaco (bradicardia o tachicardia) ed alterazioni pressorie ( ipertensione o ipotensione).

Lo stato d'incoscienza è conseguenza di una condizione ipossica corticale temporanea:
l'occlusione della arteria carotide determina riduzione del flusso sanguigno, mentre l'arteria vertebrale non viene interessata;
l' ostruzione della vena giugulare gioca un ruolo importante, creando un sovraccarico del circolo cerebrale che ostacola ulteriormente la perfusione.
Se la pressione viene prontamente rilasciata, di solito  la ripresa della conoscenza avviene entro 10-20 secondi, spesso senza alcuna conseguenza.
Possono però sopravvenire convulsioni e vomito, entrambe in grado di potenziare l'ipossia e quindi creare danno cerebrale, oltre al rischio insito nel prolungare troppo a lungo la compressione del triangolo carotideo.

E' evidente che le tecniche di strangolamento non possono essere usate con improvvisazione e leggerezza, tantomeno per provocare  sensazioni di “sballo” il più delle volte assolutamente assenti alla ripresa di conoscenza.
E comunque MAI senza la presenza di un esperto, non solo della loro applicazione, ma anche delle basilari tecniche di rianimazione.

Dott. Paolo Belli
Specialista in Neurologia, Esperto in Omeopatia
Milano


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