domenica 1 febbraio 2015

La via dell’abbraccio: una strada da percorrere insieme ai nostri figli, di tutte le età. (parte prima )

“Ecco, prendi te per esempio. Tu sei unico” spiegò la mamma “e anche io sono unica, ma se ti abbraccio non sei più solo e nemmeno io sono più sola.”
“Allora abbracciami” disse Ben stringendosi a lei.
La mamma lo tenne stretto a sé. Sentiva il cuore di Ben che batteva. Anche Ben sentiva il cuore della mamma e l’abbracciò forte.
“Adesso non sono solo” pensò mentre l’abbracciava, “adesso non sono solo. Adesso non sono solo.”
“Vedi” gli sussurrò la mamma, “proprio per questo hanno inventato l’abbraccio.”
(da L’abbraccio, di David Grossman, Mondadori)

Chi di noi non ha mai sperimentato la potenza di un abbraccio? Chi non si è mai abbandonato tra le braccia di qualcuno –mamma, papà, amico o partner che sia? Chi non ha mai sperato che l’altro prima o poi si accorgesse del nostro bisogno di essere tenuti tra le braccia?
Vorrei, dalle pagine di questo blog, farvi percorrere una strada che mi piace chiamare “la via dell’abbraccio”: sarà un modo sia per ricordare quanto ci hanno fatto bene gli abbracci nella nostra vita, sia per pensare a quanto bene possano fare i nostri abbracci alle persone a noi care, in modo particolare ai nostri figli. In questa “via” ci fermeremo a guadare come, nei vari momenti della crescita dei nostri figli, il contatto fisico -pur nella necessaria varietà di stile- aiuti noi e loro a stare bene, a sentirci ben voluti. Volutamente non saranno, le mie, parole tecniche o indicazioni rigide di comportamenti giusti o sbagliati da tenere: quando ci si muove nel campo degli affetti, dello stare insieme all’altro, quello che dobbiamo ricercare è la naturalezza, la reciprocità e non la “cosa giusta da fare” che qualche tecnico del mestiere ci suggerisce. Certo, non tutto va bene, soprattutto quando abbiamo a che fare con i bambini, ma mi piacerebbe aprire un dialogo con voi lettori, più che darvi indicazioni asettiche e fuori dalla vostra vita reale. Mi limiterò, ma già è molto, a proporvi spunti di riflessione e di azione che vi permetteranno di stare insieme ai vostri figli in modo soddisfacente, per entrambi.

Ho parlato di abbraccio per intendere una cosa precisa: quello che gli psicologi chiamano “contenimento” e “sostegno” o, per dirla con Winnicott, holding. Quando un bambino viene al mondo è già geneticamente equipaggiato per entrare in relazione con la sua mamma, il suo papà e le persone del suo ambiente, ma ancora non è capace di dare senso a quello che succede dentro e fuori da lui, non sa ancora distinguere bene dove finisce lui e dove inizia l’altro e, perciò, il suo mondo deve, in un primo momento, adattarsi totalmente a lui per permettergli di non perdersi. E questo è quello che viene naturale ad ogni mamma e ogni papà: sveglie ad orari improponibili, nuovi ritmi di vita, pappe e poppate, telefonate alla pediatra, occhiaie e sbadigli: tutto ruota attorno a lui (o lei). E questo aiuta il piccolo a crescere, a sentirsi vivo. Ma questo sarà argomento della prossima tappa del viaggio, quella appunto in cui guarderemo al piccolo appena nato, nei suoi primi anni di vita. Per ora ci basta riflettere sul fatto che, però, questo bisogno di essere contenuti, di essere capiti, di sentirsi vivi è qualcosa che non si esaurisce con l’infanzia ma riguarda tutta la vita. Questo bisogno attraversa tutta la crescita dei nostri figli, dall’infanzia all’adolescenza e alla giovinezza e il contenimento assume, e direi deve assumere, nuove forme: un conto è “abbracciare” un cucciolo tenero e pacioccoso, un altro è farlo con un sedicenne al profumo di ormoni; un conto è “abbracciare” la tua principessina dal sorriso ammaliante, un altro è farlo con una diciasettenne che ci mette due ore a prepararsi e di certo non lo fa per i suoi genitori.
Ma in questo viaggio scopriremo che a tutte le età i nostri figli hanno bisogno del nostro “abbraccio”, del nostro sostegno e del nostro contenimento. Starà a noi capire tempi e modi per farlo. E lo capiremo, a partire dalla prossima puntata. Quella in cui ci concentreremo sui nostri bambini nei primi anni di vita.

Dott. Marco Bernardi, Psicologo



1 commento:

Davide ha detto...

Mi sento molto in sintonia con l'affermazione: "questo bisogno di essere contenuti, di essere capiti, di sentirsi vivi è qualcosa che non si esaurisce con l’infanzia ma riguarda tutta la vita".