lunedì 2 ottobre 2017

L’INFLUENZA DEGLI ABORTI SULLA DEPRESSIONE DEL POST PARTUM

Per molte donne la vita procreativa fin dall'inizio si presenta travagliata e conflittuale, caratterizzata da una forte ambivalenza tra paura e desiderio di diventare madre.
I ripetitivi aborti spesso rappresentano una sorta di difesa, sia contro la minaccia incombente legata alla maternità che spesso colpisce a livello trans generazionale più  donne della stessa famiglia, sia contro l’intensa riattivazione di vissuti conflittuali provati nell'utero della propria madre e iscritti nel proprio inconscio.


Le gravidanze portate a termine dopo uno o più aborti, spesso sono condizionate da questi eventi che le hanno precedute, sia per quanto riguarda la qualità dell’investimento sul bambino, sia per l’intensità con cui la donna vive la depressione post partum.
Infatti nelle difficoltà a portare avanti una gravidanza si celano conflitti profondi, onto e filogenetici che, di solito, non vengono elaborati in seguito all’aborto. In base alla loro entità, la riattivazione di tali conflitti può diventare la causa di una infertilità secondaria, o essere abreagita senza compromettere la capacità procreativa, come capita quando all’aborto/i segue la nascita di un bambino.

Tuttavia, anche se la gravidanza giunge felicemente a termine, la donna deve affrontare, nel post partum, oltre alle difficoltà legate alla separazione dal bambino, anche quelle per cui la realizzazione del suo desiderio aveva trovato degli impedimenti. Il puerperio infatti porta a galla gli aspetti profondi legati al desiderio di maternità e alla conflittualità con cui è stato  vissuto, proprio quella che aveva causato gli aborti.

In vari casi infatti ho seguito in psicoterapia donne che, avendo trascurato il malessere provato dopo uno o più aborti, non potevano più ignorarlo quando si presentava in modo particolarmente intenso dopo la nascita del bambino: i sintomi erano diventati così dolorosi e invalidanti da dover essere finalmente presi in considerazione.

Se la loro elaborazione fosse avvenuta dopo il primo aborto, probabilmente avrebbero evitato le sofferenze procurate sia da quelli successivi sia dal distacco del bambino avvenuto con il parto, ma soprattutto, i loro bambini avrebbero avuto un rapporto diverso con la mamma già a partire dalla vita intrauterina.

La psicoprofilassi infantile infatti dovrebbe iniziare prima del concepimento, attraverso la preparazione di un “ambiente materno” meno conflittuale, dunque più adatto a ospitare prima  un embrione /feto, poi a occuparsi di un neonato.


D.ssa Marcella Marcone
Psicoanalista-psicoterapeuta con esperienza in campo ostetrico-ginecologico
 Milano 



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