C’è ancora qualcuno che nutra dubbi sul fatto che l’assunzione di alcol possa comportare una maggiore incidenza di svariate patologie? Nel 2002 l’OMS ha sintetizzato gli effetti dell’alcol nel World Health Report segnalando come la sua assunzione sia alla base del 10% di tutte le malattie, del 10% di tutti i tumori, del 63% delle cirrosi epatiche, del 41% degli omicidi, del 45% di tutti gli incidenti e del 9% delle invalidità e delle malattie croniche.
Ancora di recente l’Oms ha richiamato l’attenzione della Comunità Internazionale sui problemi alcol correlati in Africa, mettendo a punto una strategia di intervento fondata sulla informazione capillare sui rischi derivanti dall'abuso di alcolici e su una migliore risposta terapeutica ed esortando i governi nazionali a promuovere e rafforzare la ricerca e a monitorare costantemente le tendenze in atto e l'impatto delle misure adottate (qui).
Nonostante però la diffusa consapevolezza sulla necessità di prevedere interventi finalizzati alla prevenzione di questa piaga sociale e sanitaria, in letteratura scientifica continuano a essere pubblicati lavori in controtendenza. Colpiscono ad esempio due recenti contributi: “Alcohol consumption is inversely associated with risk and severity of rheumatoid arthritis” pubblicato da James R. Maxwell C. su Rheumatology (qui) e “Late-Life Alcohol Consumption and 20-Year Mortality” pubblicato da Charles J. Holahan C. su Alcoholism (qui). Nel primo articolo si afferma che il consumo regolare di alcol riduce la gravità dell’artrite reumatoide, mentre nel secondo si conclude che gli astemi muoiono prima di chi beve con moderazione.
Non volendo né potendo entrare nel merito della validità scientifica delle affermazioni contenute nei predetti articoli, né tantomeno ritenendo opportuna alcuna censura sulla ricerca scientifica (quando libera da condizionamenti di tipo commerciale), occorrerebbe riflettere sull’opportunità di diffondere senza adeguati commenti e precisazioni articoli scientifici (per quanto correttamente impostati) in una materia così delicata per la quale si sta da tempo investendo in una prospettiva di prevenzione e di promozione alla salute. Un cattivo utilizzo di certa ricerca scientifica potrebbe essere infatti facile preda di interessi economici non allineati agli sforzi dell’intera comunità scientifica.
G. Di Leone – Medico - Bari
Ancora di recente l’Oms ha richiamato l’attenzione della Comunità Internazionale sui problemi alcol correlati in Africa, mettendo a punto una strategia di intervento fondata sulla informazione capillare sui rischi derivanti dall'abuso di alcolici e su una migliore risposta terapeutica ed esortando i governi nazionali a promuovere e rafforzare la ricerca e a monitorare costantemente le tendenze in atto e l'impatto delle misure adottate (qui).
Nonostante però la diffusa consapevolezza sulla necessità di prevedere interventi finalizzati alla prevenzione di questa piaga sociale e sanitaria, in letteratura scientifica continuano a essere pubblicati lavori in controtendenza. Colpiscono ad esempio due recenti contributi: “Alcohol consumption is inversely associated with risk and severity of rheumatoid arthritis” pubblicato da James R. Maxwell C. su Rheumatology (qui) e “Late-Life Alcohol Consumption and 20-Year Mortality” pubblicato da Charles J. Holahan C. su Alcoholism (qui). Nel primo articolo si afferma che il consumo regolare di alcol riduce la gravità dell’artrite reumatoide, mentre nel secondo si conclude che gli astemi muoiono prima di chi beve con moderazione.
Non volendo né potendo entrare nel merito della validità scientifica delle affermazioni contenute nei predetti articoli, né tantomeno ritenendo opportuna alcuna censura sulla ricerca scientifica (quando libera da condizionamenti di tipo commerciale), occorrerebbe riflettere sull’opportunità di diffondere senza adeguati commenti e precisazioni articoli scientifici (per quanto correttamente impostati) in una materia così delicata per la quale si sta da tempo investendo in una prospettiva di prevenzione e di promozione alla salute. Un cattivo utilizzo di certa ricerca scientifica potrebbe essere infatti facile preda di interessi economici non allineati agli sforzi dell’intera comunità scientifica.
G. Di Leone – Medico - Bari
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