Il concetto di tipologia sensibile è determinato dalla esistenza di soggetti sani che durante la sperimentazione (o a seguito della raccolta dei dati derivanti dall’esperienza clinica quotidiana), a parità di condizioni, sviluppano per la stessa sostanza una sintomatologia più ricca e articolata rispetto agli altri partecipanti alla sperimentazione (responders).
Con il passare degli anni l’esperienza di molti omeopati ha portato a descrivere dei veri e propri modelli teorici caratterizzati da alcuni comuni denominatori.
Per alcune correnti di pensiero in omeopatia a matrice francese questi aspetti sono: 1) dati morfologici 2) bioreattività 3) temperamento 4) tendenze morbose.
Per quanto molto spesso vari autori hanno dipinto queste tipologie in modo suggestivo e accattivante, talvolta anche arbitrario, in particolare modo per quanto concerne le descrizioni caratteriali, va sempre posto l’accento sul pericolo dell’automaticità tra l’individuazione di una tipologia sensibile e la prescrizione dei rimedi nei malati cronici.
Da questo pericolo ci si è spesso poco salvaguardati. Nelle descrizioni dei nostri casi clinici e nella cartella per la raccolta dati, molti interrogativi che vengono posti ai nostri pazienti, e le risposte che ne riceviamo, hanno il fine di giungere all’individuazione di una tipologia. Meno spazio viene dato invece alla sintomatologia caratteristica, della quale il paziente soffre o ha sofferto in passato. L’accattivante suggestione provocata dalle descrizioni caratteriali di molti omeopati ha spesso ragione della obiettiva e scrupolosa raccolta dei sintomi modalizzati e caratterizzati che sono la vera peculiarità del metodo omeopatico. La conseguenza di tutto ciò è che molto spesso la prescrizione terapeutica risente in notevole misura dell’indicazione tipologica e rispetta molto meno l’elemento rappresentato dalla sintomatologia gerarchizzata e modalizzata, che invece dovrebbe rappresentare la principale fonte decisionale.
Bisogna sottolineare che tutto ciò che viene descritto nelle tipologie sensibili è molto spesso frutto di osservazioni speculative e teoriche. Solo e unicamente i sintomi caratteristici sono l’espressione delle sperimentazioni patogenetiche o tutt’al più delle osservazioni cliniche.
Individuare una tipologia sensibile è, o dovrebbe essere, estremamente difficile e comunque, nella maggior parte dei casi, rappresenta una meta raggiungibile con certezza solo in un momento successivo alla prima visita.
Solo con l’osservazione nel tempo, con la verifica del modo di reagire, si giunge alla conclusione che quel particolare soggetto può far parte di una determinata tipologia sensibile.
Da tutto questo possiamo dedurre che il dato tipologico è generalmente un punto d’arrivo, se mai si riuscisse a raggiungerlo, ma difficilmente potrà essere un punto di partenza sul quale magari impostare una terapia omeopatica.
Altro problema da considerare è la differenziazione di ciò che viene descritto nelle tipologie sensibili da quello che è di specifica pertinenza della sintomatologia caratteristica. Spesso confondiamo, ad esempio, la descrizione del comportamento con i sintomi caratteristici della sfera mentale, o anche facciamo confusione tra modalità e bioreattività.
Ferma restando la morfologia, che è un dato obiettivo, ma non assolutamente decisivo nella scelta del rimedio, e le tendenze morbose, che hanno l’importanza di dato predittivo, i problemi nascono proprio allorquando descriviamo il comportamento e la bioreattività.
Se per esempio consideriamo la descrizione comportamentale della tipologia sensibile di Lycopodium, vi troviamo: 1) emotività molto accentuata, con bisogno enorme d’affetto, mancanza di fiducia in se stesso, ansia profonda, paure varie. 2) Atteggiamento orgoglioso, autoritario, suscettibile, con scoppi di collera rari, ma violenti; il soggetto non sopporta di essere contraddetto; lo stress può indurre una tendenza alla depressione.
D’altra parte, nell’ambito della sintomatologia caratteristica della sfera mentale troviamo: ansia che peggiora nel pomeriggio, depressioni reattive con somatizzazioni, paura di restare solo, esplosione di collere violente. Tra le modalità: peggioramento con la contraddizione.
La descrizione del “temperamento” dell’individuo Lycopodium si sovrappone alla sintomatologia mentale o tutt’al più viene descritta con una gradazione più scolorita o con toni più bassi. Tutto questo può generare confusione. Andrebbe meglio differenziato ciò che è “carattere” da ciò che consideriamo sintomo mentale.
Per quanto riguarda la bioreattività (concetto peraltro non riscontrabile in nessuna materia medica, ma precipuo elemento di alcune scuola francesi) spesse volte corre il rischio di essere un aspetto ridondante e, se non utilizzato in maniera corretta, completamente superfluo. Esso va ben distinto dal concetto di modalità generali o di sintomo concomitante.
Sempre ritornando su Lycopodium, gli elementi che caratterizzano la sua bioreattività sono: l’intolleranza al caldo e ai luoghi chiusi, il desiderio di aria fresca, il desiderio di alimenti e bevande calde, il desiderio di zucchero e dolci, il desiderio di mitili mal tollerati, l’intolleranza ai farinacei e alle cipolle.
Bisogna sempre ricordare che la tipologia sensibile altro non è che la descrizione del soggetto in equilibrio, i cui elementi caratterizzanti vengono raccolti, in occasione della sperimentazione, come dati espressivi del modo di essere più profondo del soggetto sano. Spesse volte, ad un omeopata meno esperto ed accorto, può capitare di confondere gli elementi propri della “bioreattività”, tipologicamente intesa, con quelli riscontrabili nell’ambito delle modalità generali e dei sintomi concomitanti, che però rappresentano in ogni caso un aspetto dei sintomi caratteristici, quindi del quadro patologico o di squilibrio energetico del paziente. Questa confusione può anche derivare dalla considerazione che la descrizione della bioreattività del paziente non viene fatta in quanto tale dai diversi sperimentatori, ma viene generalmente, e talvolta arbitrariamente, estrapolata dai vari redattori delle diverse successive materie mediche.
Sembra di potere giungere alle seguenti conclusioni:
1.è sicuramente preferibile evitare quanto più possibile la prescrizione basata esclusivamente sugli elementi tipologici (che devono semmai essere delimitati in un’area in cui prevalga l’elemento retrospettivo, inteso come verifica delle modifiche indotte dalle patologie rispetto all’individuo in equilibrio).
2.Andrebbe invece valorizzata quanto più possibile la modalizzazione della sintomatologia caratteristica e la sua gerarchizzazione, vero elemento per la scelta terapeutica corretta in funzione del quadro morboso del paziente.
3.È necessario curare con grande attenzione l’utilizzo degli elementi di “bioreattività” della tipologia sensibile, facendo in modo che tali elementi non risultino ridondanti ed elemento di confusione rispetto alle modalità generali e ai sintomi concomitanti.
4.È necessario porre altresì particolare attenzione nella differenziazione degli elementi caratteriologici della tipologia sensibile rispetto ai sintomi caratteristici mentali.
Dott. Mario Di Leo
Dott. Giorgio Di Leone
Con il passare degli anni l’esperienza di molti omeopati ha portato a descrivere dei veri e propri modelli teorici caratterizzati da alcuni comuni denominatori.
Per alcune correnti di pensiero in omeopatia a matrice francese questi aspetti sono: 1) dati morfologici 2) bioreattività 3) temperamento 4) tendenze morbose.
Per quanto molto spesso vari autori hanno dipinto queste tipologie in modo suggestivo e accattivante, talvolta anche arbitrario, in particolare modo per quanto concerne le descrizioni caratteriali, va sempre posto l’accento sul pericolo dell’automaticità tra l’individuazione di una tipologia sensibile e la prescrizione dei rimedi nei malati cronici.
Da questo pericolo ci si è spesso poco salvaguardati. Nelle descrizioni dei nostri casi clinici e nella cartella per la raccolta dati, molti interrogativi che vengono posti ai nostri pazienti, e le risposte che ne riceviamo, hanno il fine di giungere all’individuazione di una tipologia. Meno spazio viene dato invece alla sintomatologia caratteristica, della quale il paziente soffre o ha sofferto in passato. L’accattivante suggestione provocata dalle descrizioni caratteriali di molti omeopati ha spesso ragione della obiettiva e scrupolosa raccolta dei sintomi modalizzati e caratterizzati che sono la vera peculiarità del metodo omeopatico. La conseguenza di tutto ciò è che molto spesso la prescrizione terapeutica risente in notevole misura dell’indicazione tipologica e rispetta molto meno l’elemento rappresentato dalla sintomatologia gerarchizzata e modalizzata, che invece dovrebbe rappresentare la principale fonte decisionale.
Bisogna sottolineare che tutto ciò che viene descritto nelle tipologie sensibili è molto spesso frutto di osservazioni speculative e teoriche. Solo e unicamente i sintomi caratteristici sono l’espressione delle sperimentazioni patogenetiche o tutt’al più delle osservazioni cliniche.
Individuare una tipologia sensibile è, o dovrebbe essere, estremamente difficile e comunque, nella maggior parte dei casi, rappresenta una meta raggiungibile con certezza solo in un momento successivo alla prima visita.
Solo con l’osservazione nel tempo, con la verifica del modo di reagire, si giunge alla conclusione che quel particolare soggetto può far parte di una determinata tipologia sensibile.
Da tutto questo possiamo dedurre che il dato tipologico è generalmente un punto d’arrivo, se mai si riuscisse a raggiungerlo, ma difficilmente potrà essere un punto di partenza sul quale magari impostare una terapia omeopatica.
Altro problema da considerare è la differenziazione di ciò che viene descritto nelle tipologie sensibili da quello che è di specifica pertinenza della sintomatologia caratteristica. Spesso confondiamo, ad esempio, la descrizione del comportamento con i sintomi caratteristici della sfera mentale, o anche facciamo confusione tra modalità e bioreattività.
Ferma restando la morfologia, che è un dato obiettivo, ma non assolutamente decisivo nella scelta del rimedio, e le tendenze morbose, che hanno l’importanza di dato predittivo, i problemi nascono proprio allorquando descriviamo il comportamento e la bioreattività.
Se per esempio consideriamo la descrizione comportamentale della tipologia sensibile di Lycopodium, vi troviamo: 1) emotività molto accentuata, con bisogno enorme d’affetto, mancanza di fiducia in se stesso, ansia profonda, paure varie. 2) Atteggiamento orgoglioso, autoritario, suscettibile, con scoppi di collera rari, ma violenti; il soggetto non sopporta di essere contraddetto; lo stress può indurre una tendenza alla depressione.
D’altra parte, nell’ambito della sintomatologia caratteristica della sfera mentale troviamo: ansia che peggiora nel pomeriggio, depressioni reattive con somatizzazioni, paura di restare solo, esplosione di collere violente. Tra le modalità: peggioramento con la contraddizione.
La descrizione del “temperamento” dell’individuo Lycopodium si sovrappone alla sintomatologia mentale o tutt’al più viene descritta con una gradazione più scolorita o con toni più bassi. Tutto questo può generare confusione. Andrebbe meglio differenziato ciò che è “carattere” da ciò che consideriamo sintomo mentale.
Per quanto riguarda la bioreattività (concetto peraltro non riscontrabile in nessuna materia medica, ma precipuo elemento di alcune scuola francesi) spesse volte corre il rischio di essere un aspetto ridondante e, se non utilizzato in maniera corretta, completamente superfluo. Esso va ben distinto dal concetto di modalità generali o di sintomo concomitante.
Sempre ritornando su Lycopodium, gli elementi che caratterizzano la sua bioreattività sono: l’intolleranza al caldo e ai luoghi chiusi, il desiderio di aria fresca, il desiderio di alimenti e bevande calde, il desiderio di zucchero e dolci, il desiderio di mitili mal tollerati, l’intolleranza ai farinacei e alle cipolle.
Bisogna sempre ricordare che la tipologia sensibile altro non è che la descrizione del soggetto in equilibrio, i cui elementi caratterizzanti vengono raccolti, in occasione della sperimentazione, come dati espressivi del modo di essere più profondo del soggetto sano. Spesse volte, ad un omeopata meno esperto ed accorto, può capitare di confondere gli elementi propri della “bioreattività”, tipologicamente intesa, con quelli riscontrabili nell’ambito delle modalità generali e dei sintomi concomitanti, che però rappresentano in ogni caso un aspetto dei sintomi caratteristici, quindi del quadro patologico o di squilibrio energetico del paziente. Questa confusione può anche derivare dalla considerazione che la descrizione della bioreattività del paziente non viene fatta in quanto tale dai diversi sperimentatori, ma viene generalmente, e talvolta arbitrariamente, estrapolata dai vari redattori delle diverse successive materie mediche.
Sembra di potere giungere alle seguenti conclusioni:
1.è sicuramente preferibile evitare quanto più possibile la prescrizione basata esclusivamente sugli elementi tipologici (che devono semmai essere delimitati in un’area in cui prevalga l’elemento retrospettivo, inteso come verifica delle modifiche indotte dalle patologie rispetto all’individuo in equilibrio).
2.Andrebbe invece valorizzata quanto più possibile la modalizzazione della sintomatologia caratteristica e la sua gerarchizzazione, vero elemento per la scelta terapeutica corretta in funzione del quadro morboso del paziente.
3.È necessario curare con grande attenzione l’utilizzo degli elementi di “bioreattività” della tipologia sensibile, facendo in modo che tali elementi non risultino ridondanti ed elemento di confusione rispetto alle modalità generali e ai sintomi concomitanti.
4.È necessario porre altresì particolare attenzione nella differenziazione degli elementi caratteriologici della tipologia sensibile rispetto ai sintomi caratteristici mentali.
Dott. Mario Di Leo
Dott. Giorgio Di Leone
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