venerdì 18 luglio 2008

Le mandorle riducono lo stress ossidativo

L’efficacia della frutta secca nel ridurre l’incidenza di malattie coronariche è stata dimostrata in numerosi studi di coorte che hanno considerato i consumi di mandorle, noci, pistacchi, nocciole, ed è stata associata soprattutto all’effetto sulla colesterolemia. Sulla base di questi dati la Food and Drug Administration americana ha concesso di indicare sulle confezioni di frutta secca o di cibi che la contengono, le proprietà protettive cardiovascolari di questi alimenti, nell’ambito di una dieta povera di grassi saturi e di colesterolo. Per le mandorle, oltre alla riduzione della colesterolemia, è stata riportata la capacità di ridurre i livelli di LDL ossidate. In uno studio svolto in Canada (segnalato da NFI) è stato valutato l’effetto del consumo di mandorle su alcuni markers di stress ossidativo. In particolare è stato proposto che la riduzione del rischio di malattie coronariche associata alle mandorle, molto ricche di antiossidanti fenolici, soprattutto a livello della cuticola, e valida fonte di vitamina E, possa essere ascritta anche alla capacità di ridurre il danno ossidativo su lipidi, proteine e lipoproteine. Per lo studio, randomizzato e cross-over, sono stati reclutati 27 soggetti anziani (uomini iperlipidemici e donne in post-menopausa), che hanno consumato mandorle sotto forma di barrette per un mese. Alla fine delle 4 settimane sono stati misurati come indicatori di stress ossidativo, la malondialdeide sierica (MDA) e l’escrezione urinaria di isoprostani. La dose più alta di mandorle (73 ±3 g/die) ha abbassato i livelli di MDA, mentre entrambe le dosi di mandorle testate (73 e 37 g/die) hanno ridotto la secrezione urinaria di isoprostani della stessa o del entità. Non si è invece osservato alcun aumento dell’alfa gamma-tocoferolo, e quindi di vitamina E, nel plasma, in accordo a studi precedenti. Questi risultati documentano quindi il potenziale antiossidante delle mandorle che, insieme all’effetto favorevole sul profilo lipidico, può spiegarne l’efficacia nel ridurre il rischio cardiovascolare.
Enrica Campanini, medico

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