mercoledì 18 giugno 2008

Mario Rigoni Stern: il poeta della natura

Grazie alla sua sensibilità verso il mondo della natura e della montagna il grande scrittore Mario Rigoni Stern, scomparso in questi giorni ad 86 anni, ha scritto pagine indimenticabili che rappresentano un vero patrimonio culturale per noi tutti. Scrive Alberto Senigaglia (La stampa.it:18-6-2008): “ Era il «Sergente nella neve». Mario Rigoni Stern veniva pensato e spesso chiamato così dal titolo del primo libro che nel 1953 l’aveva fatto subito e per sempre scrittore.[...]Camminare con lui era una continua scoperta: conosceva erbe, pietre, canti di uccelli. Dei funghi sapeva se quello fosse più profumato e l’altro più saporoso. Decrittando impronte sul manto nevoso, sapeva se appartenessero a «un lepre» e che cosa fosse venuto a fare. Dal «cerchio della Luna di San Martino» vedeva arrivare la neve. Precursore delle battaglie per l’ambiente, grande narratore della natura, per trent’anni ne rivelò i ritmi, i segreti, le incessanti sorprese ai lettori della Stampa. Quelle «Storie di bestie sull’Altopiano», poi raccolte in vari libri, cominciarono il 31 dicembre 1978. Titolo: «Nelle tiepide case delle api», le sue api, che gli «svolavano attorno senza irritarsi» e si posavano amiche sulle mani. E dall’«ultima fioritura del fieno d’agosto e del timo serpillo» producevano il miele «del Mario», come precisava l’orgogliosa etichetta”.
Ecco una serie di riflessioni che Mario Rigoni Stern ha fatto in un incontro pubblico : “L’uomo civile non lascia tracce”: vorrei che questa frase fosse messa non solo all’entrata dei boschi, ma anche all’entrata delle città. Viviamo invece come in “un’ansia di lasciare tracce” che va contro la natura. Osservando certi animali vedrete che quando fanno le tane nel bosco nascondono anche i propri escrementi, non lasciano indietro neanche quelli: non lasciano tracce. A dire il vero noi siamo abituati a sporcare ovunque, specialmente nei posti affollati, dove le persone non tengono conto che lasciare la cartacce, le bottiglie, le cose in giro non è molto civile, è molto povero. La natura non può assimilare quello che viene lasciato indietro. Quello che rimane in giro si riempie d’insetti, in particolare di mosche che vanno a deporvi sopra le uova e poi vengono mangiate dai cervi e dai caprioli: le uova diventano larve e poi vermi che portano alla morte questi animali. E questo succede sempre: ogni primavera, vediamo i drammatici risultati delle cartacce e dei rimasugli lasciati in giro. Quando incomincia a rifiorire il bosco, appassiscono gli animali che cercano di liberarsi delle larve che, finito il loro ciclo, li attaccano riempiendogli i polmoni e portandoli alla morte. Ecco il bel risultato di un bosco non pulito. Ecco allora perché io dico di non lasciare tracce: il bosco è molto delicato. Il bosco è fatto di suolo e sottosuolo dove vivono moltissimi insetti, è abitato da animali di ogni tipo, scoiattoli, faine, donnole, merli, tordi e tutto ha un suo equilibrio. Se l’uomo lo rispetta, anche gli animali convivono bene, fra loro e con lui. E se noi seguiamo queste regole, possiamo anche "gustarci" questa cosa: possediamo tutti i mezzi per farlo. Se spegniamo i telefonini possiamo vedere cose che altrimenti non vedremmo mai; se camminiamo piano e guardiamo con attenzione e ascoltiamo in silenzio, fermi, allora scopriremo che la vita è fatta di altri sapori – è una cosa talmente naturale che dovrebbe essere banale.”
Enrica Campanini, medico

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