In molte Regioni italiane e ormai partita la campagna di vaccinazione anti papilloma virus (HPV), offerta gratuitamente alle ragazze di 12 anni. Questa vaccinazione offre una copertura contro due dei 13 ceppi virali associati al cancro del collo dell’utero (i ceppi 16 e 18), responsabili peraltro del 70% circa dei casi di questa neoplasia.
Sono da più parti state sollevate perplessità circa l’opportunità e l’efficacia di questa vaccinazione. Al riguardo, l’Agenzia governativa svedese per la valutazione medica (SBU) ha recentemente raccomandato al Consiglio Nazionale per la Salute e Previdenza di rivalutare i risultati degli studi utilizzati a supporto della decisione di avviare la campagna vaccinale.
A fronte, infatti, della previsione che la vaccinazione generalizzata con i virus HPV 16 e 18 potrebbe prevenire lo sviluppo di metà dei casi di cancro del collo dell’utero, la ridotta durata della copertura vaccinale (sperimentata per solo 5 anni), gli elevatissimi costi per una campagna vaccinale così vasta (circa 75 milioni l’anno) e l’errata percezione pubblica dei vantaggi di questa vaccinazione (non si tratta di un vaccino “contro” il cancro del collo dell’utero ma per prevenire l’infezione di due ceppi di HPV) consiglierebbero un’ulteriore attenta valutazione.
Queste considerazioni, riaprono inoltre l’annoso dibattito sull’opportunità delle campagne vaccinali “in genere”. Non sembra il caso di sostenere quanti negano “a priori” l’opportunità di ricercare una copertura vaccinale. Esistono in letteratura ampie dimostrazioni dell’efficacia sociale di campagne vaccinali su larga scala, e non si può negare l’effetto positivo di questi interventi sulla durata media della vita sulla popolazione generale. Occorre però vigilare molto attentamente sull’attendibilità degli studi allegati a supporto dei vantaggi di questi interventi preventivi, allo scopo anche di eliminare ogni dubbio sulla possibilità che eventuali interessi di tipo commerciale prevalgano sull’effettiva utilità di queste campagne vaccinali.
Il testo originale, tradotto in inglese, del rapporto dell’Agenzia governativa svedese per la valutazione medica (SBU) è scaricabile da questo sito
Sono da più parti state sollevate perplessità circa l’opportunità e l’efficacia di questa vaccinazione. Al riguardo, l’Agenzia governativa svedese per la valutazione medica (SBU) ha recentemente raccomandato al Consiglio Nazionale per la Salute e Previdenza di rivalutare i risultati degli studi utilizzati a supporto della decisione di avviare la campagna vaccinale.
A fronte, infatti, della previsione che la vaccinazione generalizzata con i virus HPV 16 e 18 potrebbe prevenire lo sviluppo di metà dei casi di cancro del collo dell’utero, la ridotta durata della copertura vaccinale (sperimentata per solo 5 anni), gli elevatissimi costi per una campagna vaccinale così vasta (circa 75 milioni l’anno) e l’errata percezione pubblica dei vantaggi di questa vaccinazione (non si tratta di un vaccino “contro” il cancro del collo dell’utero ma per prevenire l’infezione di due ceppi di HPV) consiglierebbero un’ulteriore attenta valutazione.
Queste considerazioni, riaprono inoltre l’annoso dibattito sull’opportunità delle campagne vaccinali “in genere”. Non sembra il caso di sostenere quanti negano “a priori” l’opportunità di ricercare una copertura vaccinale. Esistono in letteratura ampie dimostrazioni dell’efficacia sociale di campagne vaccinali su larga scala, e non si può negare l’effetto positivo di questi interventi sulla durata media della vita sulla popolazione generale. Occorre però vigilare molto attentamente sull’attendibilità degli studi allegati a supporto dei vantaggi di questi interventi preventivi, allo scopo anche di eliminare ogni dubbio sulla possibilità che eventuali interessi di tipo commerciale prevalgano sull’effettiva utilità di queste campagne vaccinali.
Il testo originale, tradotto in inglese, del rapporto dell’Agenzia governativa svedese per la valutazione medica (SBU) è scaricabile da questo sito
G. Di Leone
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